Divorzio breve alla Camera pronto per il voto finale

Sì in Commissione. Il testo taglia i tempi e il 21 aprile approderà in Aula per diventare legge

Il Sole 24 Ore
10 Aprile 2015
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Con il via libera di ieri da parte della Commissione giustizia della Camera al divorzio breve, senza modifiche rispetto al testo approvato dal Senato, la riforma, è pronta per approdare in aula il 21 aprile e per il voto definitivo che dovrebbe arrivare, dopo una breve discussione, il 22 aprile.

La proposta di legge, con tre articoli, taglia i tempi del divorzio fermi dal 1970, anticipando il momento per proporre la domanda e accelera il momento utile per lo scioglimento della comunione dei beni. Per le separazioni giudiziali si conferma il taglio dei tempi di separazione, ininterrotta, necessari per mettere la parola fine al matrimonio, da tre anni ad “almeno” dodici mesi. Un countdown che parte, come già avviene, dal momento in cui i coniugi compaiono davanti al Presidente del tribunale per la separazione. Per le consensuali il tempo necessario è di sei mesi, periodo che vale anche quando la separazione si avvia come contenziosa per diventare poi consensuale.

Il cosiddetto divorzio diretto, che, in assenza di figli minori, incapaci, portatori di handicap o under 26 non economicamente autosufficienti, avrebbe consentito di chiedere il divorzio saltando il passaggio obbligato della separazione è stato invece stralciato in Assemblea ed è oggetto di un autonomo disegno di legge. Ragioni di economia processuale hanno indotto Palazzo Madama a passare un colpo di spugna anche sulla disposizione che imponeva l’assegnazione al giudice della separazione – se questa era ancora pendente – relativamente alle domande accessorie, alla data di instaurazione del giudizio di divorzio. 

Per ridurre i tempi dello scioglimento della separazione dei beni la riforma interviene sull’articolo 191 del Codice civile, che fa coincidere il momento buono con quello del passaggio in giudicato della sentenza di separazione. Una previsione che, secondo il legislatore, non considera il problema degli effetti patrimoniali della comunione legale che “sopravvivono” anche dopo l’interruzione della convivenza. “Inconveniente” che viene affrontato dall’articolo 2 della riforma in base al quale nella separazione giudiziale, la comunione è sciolta quando, in sede di comparizione, c’è il via libera a vivere separati, mentre nella consensuale gli “intrecci” economici sono risolti all’atto del verbale di separazione, purché omologato. Sul fronte procedurale la norma precisa che l’ordinanza con la quale il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati va comunicata all’ufficio di Stato.

L’articolo 3 detta, infine, le disposizioni transitorie con le quali viene precisato che la nuova disciplina si applica anche ia procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore. Questo anche quando è pendente la separazione. Maglie più larghe rispetto al testo disegnato dalla Camera che destinava le nuove norme solo alle domande di divorzio proposte dopo l’entrata in vigore, senza prevedere alcuna disciplina transitoria per lo scioglimento della comunione.

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