Dismissioni, obiettivo 30 miliardi subito

La Cdp parteciperà con un miliardo a un fondo mobiliare che acquisirà le aziende dei Comuni minori

Il Sole 24 Ore
15 Giugno 2012
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Ridurre lo stock del debito pubblico per almeno 30 miliardi entro la fine dell’anno e per almeno 200 miliardi nell’arco del prossimo quinquennio, con l’obiettivo di arrivare il prima possibile a un debito/Pil al 110 per cento. Sarebbe questo, secondo fonti bene informate, l’obiettivo del programma di breve, medio e lungo termine di dismissioni del patrimonio pubblico, immobiliare e non, allo studio del Governo Monti e della Banca d’Italia. Un target molto ambizioso ma calato nel l’emergenza. Emergenza che potrebbe spingere l’Esecutivo a compiere già oggi il primo atto per la nascita di uno dei due fondi immobiliari in rampa di lancio. Nelle prossime settimane toccherà poi al fondo mobiliare da 1 miliardo che acquisirà le quote delle aziende sane in mano ai piccoli comuni.
Il Tesoro si trova poco più a metà strada del percorso da 220 miliardi di raccolta a medio-lungo termine previsto per quest’anno. Questo significa che dovranno essere collocate aste di BTp, CcT e CTz per circa 100 miliardi nel secondo semestre, con la domanda estera oramai azzerata. Se le dismissioni e privatizzazioni potessero rimpinguare il fondo di ammortamento dei titoli di Stato (vuoto da tempo troppo lungo), il Tesoro potrebbe attuare due strategie: acquistare i titoli di Stato sul secondario a prezzi scontati (ne girano molti sotto quota 80), con un impatto sul taglio dello stock superiore alla disponibilità di cassa per gli acquisti, e ridurre gli ammontari delle aste nei momenti di alta tensione sui mercati. Se il Governo Monti riuscisse a dare un segnale forte in questa direzione, con interventi tangibili entro la fine dell’anno sul mercato dei titoli di Stato attraverso il fondo di ammortamento oltre al pareggio di bilancio e al surplus primario nei tempi prestabiliti, il mercato potrebbe farsi una ragione sul fatto che l’Italia non va assimilata alla Spagna. Mentre Madrid chiede aiuti per ricapitalizzare le banche e fa di tutto per evitare l’avvio di un programma di aiuti Eurozona-Fmi come quello in corso per Portogallo, Irlanda e Grecia, l’Italia deve convincere il mercato che la richiesta di aiuti – anche soltanto per arginare una crisi di liquidità in asta provocata da rendimenti stellari – è fuori discussione. E che il Tesoro ha pronto nel cassetto un programma di dismissioni del patrimonio pubblico tale, anche spalmato su un arco temporale molto lungo purché scandito da un calendario certo, da rendere le aste e il rimborso dei titoli in scadenza gestibili con la sola domanda interna.
Come detto, il primo atto del piano di dismissioni messo in cantiere dall’esecutivo potrebbe essere compiuto dal Consiglio dei ministri odierno. Dei due fondi immobiliari in via di costituzione (uno gestito alla Cassa depositi e prestiti e l’altro dal Mef tramite l’Agenzia del demanio) quest’ultimo potrebbe partire già oggi. Utilizzando la procedura dell’articolo 33 del decreto 98 del luglio scorso al fondo verrebbero conferiti i migliori 400-500 immobili tra i 12mila appartenenti alla “white list” di beni elaborata ai tempi delle trattative sul federalismo demaniale. Sarebbero cioè beni statali che anziché transitare nel portafoglio di regioni, province e comuni finirebbero in un “contenitore” market oriented. Poi toccherà al fondo da 1 miliardo gestito dalla Cdp che rileverà i cespiti in possesso degli enti locali e li collocherà sul mercato, eventualmente cambiandone la destinazione d’uso.
Su una dote analoga dovrebbe poter contare anche il fondo mobiliare che nascerà da una costola del Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti. Considerando l’ammontare di partenza non elevato difficilmente la Cdp rivolgerà lo sguardo alle grandi partecipate perché rischierebbe di esaurire il plafond dopo tre o quattro operazioni. Per cui è più facile che si punti sulle quote delle società sane e redditizie che oggi sono in mano ai comuni con meno di 50mila abitanti.
Le operazioni già partite

SEA
Milano ha ceduto al fondo F2i di Vito Gamberale il 29, 7% – per un controvalore di 385 milioni (al centro di un’inchiesta ) – della partecipazione nella Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa

ACEA
Nell’assemblea capitolina è in atto un duro scontro sulla dismissione del 21% di Acea (di cui ora possiede il 51%), la multiutility quotata dell’acqua e dell’energia, che la giunta Alemanno vorrebbe approvare entro giugno

SAGAT
Il Comune di Torino la scorsa settimana ha pubblicato il bando di gara da 58,8 milioni per la cessione del 28% della Sagat, la società che gestisce l’aeroporto della città e di cui il capoluogo resterà proprietario solo per il 10%

GTT
Nel piano di riassetto delle municipalizzate avviato dal sindaco di Torino Fassino lo scorso autunno rientra anche la società che gestisce il trasporto pubblico locale: ad andare sul mercato il 40% della Gtt

CONSIAG
Prato si appresta a cedere il 2% della propria partecipazione nel pacchetto societario della multiutility toscana Consiag, con un guadagno di 7,8 milioni di euro

ATAF
Firenze procede con la privatizzazione di un ramo dell’azienda di Ataf, la newco Ataf Gestioni, approvata a dicembre. Sei aziende hanno presentato domanda per la “prequalifica” al bando

SERRAVALLE
Tra Comune di Milano e Provincia c’è in gioco uno scambio di quote: Palazzo Marino acquisirà il 14,56% di Sea, cedendo il 18,6% della Serravalle (quota che il Comune aveva già cercato di vendere)

SERENISSIMA
I comuni di Vicenza e Padova hanno messo in vendita quote detenute in A4 Holding che controlla l’autostrada Serenissima, acquisite dal gruppo Astaldi (che ha portato la sua partecipazione al 15%)

IL MANIFESTO DEL SOLE
Più privatizzazioni
Nel Manifesto per la crescita lanciato dal Sole-24 Ore lo scorso luglio, uno dei punti chiave era la necessità di una forte scossa sul fronte delle privatizzazioni, a cominciare dalla Rai e dalle aziende di public utility oggi possedute da enti locali o da loro controllate

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