Uno è certamente quello di favorire la rotazione degli incarichi, per evitare che si creino soprattutto ai livelli più alti, situazioni di sostanziale inamovibilità. Ma poi c’è anche l’intenzione di intervenire sulle retribuzioni. E la voce che con tutta probabilità sarà messa sotto osservazione dal ministero della Pubblica amministrazione (al cui vertice siede Marianna Madia) è l’indennità di risultato, elemento originariamente variabile destinato a premiare il merito che però nel corso del tempo – almeno in molti casi – si è trasformato in una sorta di quota fissa o quasi destinata alla gran parte degli interessati. Proprio questa indennità è all’origine della lievitazione degli emolumenti in particolare degli alti dirigenti, che ha coinvolto buona parte della pubblica amministrazione anche se non in modo uniforme. Il fenomeno però c’è stato. Guardiamo ad esempio cosa è successo nel comparto dei ministeri, attingendo ai dati del Conto annuale elaborato dalla Ragioneria generale dello Stato. Nel 2001 un dirigente di prima fascia (lo è normalmente chi guida una direzione generale o un dipartimento) aveva in media una retribuzione complessiva di 133.715 euro. Nel 2012 era passata a 182.973, con una crescita del 36,8 per cento. L’incremento è stato più contenuto per il personale non dirigente (+27,1) e per i dirigenti di seconda fascia (21,2). Nel caso dei top manager a crescere non è stato però lo stipendio base, rimasto anzi praticamente fermo, ma il complesso delle indennità passate da 70.107 a 116.742. Nel caso della presidenza del Consiglio la tendenza è ancora più evidente. In soli otto anni (i dati sono disponibili a partire dal 2004) la retribuzione complessiva per la prima fascia è passata da 101.107 a 185.934 euro, con un incremento dell’83,9 per cento dovuto in larghissima parte alle varie indennità, che nel complesso sono quasi triplicate. Anche nel caso di Palazzo Chigi la progressione – nello stesso periodo – è stata più sensibile per il personale non dirigente, con il 54,3 per cento in più, rispetto ai dirigenti di seconda fascia che comunque hanno avuto un miglioramento del 50,9 per cento. È interessante però guardare anche ad un comparto completamente diverso del lavoro pubblico, la scuola. Anche qui, seppur con livelli retributivi ben più bassi, il fenomeno è comunque visibile. Un dirigente scolastico aveva nel 2001 una retribuzione complessiva media di 41.457 euro, comprensivi di indennità per 7.437. Undici anni dopo gli emolumenti sono cresciuti fino a raggiungere un livello medio di 66.290 (18.581 l’importo delle indennità) con un incremento del 59,9 per cento. Ben più contenuto nello stesso periodo (+22,4 per cento) l’aumento per la generalità del personale, che nel 2012 poteva contare su una retribuzione media di 29.458 euro. Va però ricordato che negli ultimi tempi il lavoro di un preside è cambiato: spesso ha la responsabilità di più istituti sparsi su un territorio anche vasto. Non è da qui probabilmente che partirà la stretta sulle retribuzioni.
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