La raccolta differenziata dei rifiuti, a volte, viene vissuta dai cittadini come un fastidio. Infatti, già dentro le mura di casa, occorre trovare un posto per ogni tipologia di rifiuti che l’attività domestica produce. Tuttavia, la selezione domestica rappresenta il primo e fondamentale passo verso il riciclaggio di qualità (frazioni più pulite) e il conseguente minore impatto sul territorio dato dalla riduzione dei flussi avviati a discarica o a termovalorizzazione. Accanto alle frazioni di vetro, plastica, carta, metalli (tipicamente rappresentate dagli imballaggi), in casa si produce anche qualcosa di particolare: il rifiuto biodegradabile, il cosiddetto “umido”, a base di biomassa. In questa dizione confluiscono tutti i rifiuti di cucina: avanzi crudi o cotti di carne e pesce, dolci, pane, salumi, formaggi, filtri di tè e tisane, fondi di caffè, scarti di frutta e verdura, gusci di uova, pasta, riso, farina, fiori e piantine, piume e capelli. Si aggiungono gli alimenti scaduti. L’umido incide sui rifiuti prodotti in casa in modo considerevole; si stima, infatti, che rappresenti circa un terzo del totale. Posto in discarica, il rifiuto organico genera biogas e percolato ed è, pertanto, il primo responsabile dei cattivi odori e del rischio di infiltrazione in falda idrica del liquame perso dalle discariche non a norma. Invece, dal rifiuto biodegradabile riciclato si origina il “compost” che, se di qualità (cioè ottenuto da umido selezionato), è un concime organico che può essere utilizzato sia in agricoltura sia per concimare le piante e i fiori di orti e giardini domestici e pubblici. Migliora la struttura del terreno e ne aumenta la fertilità senza inquinare. Il rifiuto organico, però, non viene solo dalle abitazioni, ma anche da tutte quelle attività economiche dove si produce, si lavora e si vende materia organica (bar, mense, industrie agroalimentari ecc.). È prodotto anche dalla potatura di parchi e giardini, pubblici e privati. Infatti, il nuovo Codice ambientale (Dlgs 152/2006) con la recente riforma (Dlgs 205/2010) si è arricchito della definizione di “rifiuti organici” (si veda la scheda a fianco). Il nuovo “Codice” ha anche innovato la definizione di raccolta differenziata, estendendola dai soli rifiuti urbani anche ai rifiuti speciali. Inoltre ha stabilito che per raccogliere in modo differenziato l’organico, dovranno essere utilizzati contenitori a svuotamento riutilizzabili oppure sacchetti compostabili certificati a norma Uni En 13432-2002. Questo significa che tali sacchetti, non devono solo essere biodegradabili, ma occorre che si degradino in un processo di compostaggio per un periodo massimo di 12 settimane e per una quota almeno del 90%. Le Regioni, i Comuni e gli Ato (Ambiti territoriali ottimali) sono espressamente incaricati dal legislatore del Codice ambientale (Dlgs 152/2006, articolo 182 ter) di “incoraggiare” – con misure da adottare entro giugno – la raccolta separata dei rifiuti organici e il loro trattamento per ottenerne materiali sicuri al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente. Ancora, il nuovo Codice stabilisce che le Regioni dovranno elaborare apposti programmi per la riduzione dell’organico da recapitare in discarica (articolo 199, comma 3, lett. q). Inoltre, l’articolo 182, comma 1, lett. e), ammette anche l’autocompostaggio o compostaggio domestico, cioè il compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto. In genere, con un contenitore apposito detto “composter”, anche autocostruito, si raccoglie la frazione organica di cucina e dell’orto/giardino che mediante un processo aerobico di decomposizione si trasforma in concime. Ormai molti comuni riconoscono uno sconto sulla tassa/tariffa dei rifiuti per la gestione in proprio di questa particolare frazione. Insomma, una vera e propria strategia per liberare le discariche dal più grande fattore di impatto in termini odorigeni e di conseguenze sull’ambiente circostante (dal percolato ai topi) alla quale tuttavia, manca il tassello principale: l’adozione da parte dello Stato di norme tecniche, modalità e condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all’utilizzo agronomico come fertilizzante e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata. Una norma fondamentale (ora prevista dall’articolo 195, comma 2, lett. o), Dlgs 152/2006), ma mai adottata, anche se prevista da tutte le leggi sui rifiuti che si sono succedute nel tempo. L’unico riferimento (parziale) ad oggi esistente è la delibera 27 luglio 1984. Tuttavia, dopo 27 anni, ci si aspetta qualcosa di meglio anche e soprattutto a seguito delle tante azioni “riformatrici” della materia.
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