Di nuovo innanzi alla Consulta la legittimità costituzionale della norma sui diritti di rogito

La dibattuta questione del diritto alla percezione di tale emolumento da parte dei segretari degli Enti locali

22 Marzo 2023
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di AMEDEO SCARSELLA

La Corte Costituzionale viene nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della norma che disciplina i compensi per l’attività di rogito per i segretari comunali e provinciali. Infatti, con ordinanza n. 27 del 23 novembre 2022, il Tribunale di Lucca ha rimesso nuovamente la questione motivando in modo più compiuto in ordine agli aspetti relativi alla rilevanza della questione. Ricordiamo, infatti, che con ordinanza del 15 luglio 2021 il Tribunale di Lucca aveva già promosso il giudizio di costituzionalità in ordine all’art. 10 comma 2-bis del d.l. 90/2014 che limita l’attribuzione di una quota dei diritti di rogito, spettanti all’Ente locale, ai segretari privi di qualifica dirigenziale o in servizio in Enti locali privi di personale con tale qualifica, anziché prevederla per tutti i segretari comunali e provinciali (per un commento all’ordinanza si veda il precedente articolo È legittima l’esclusione dei diritti di rogito per i segretari degli Enti con dirigenti? Parola alla Corte Costituzionale).

Come si ricorderà l’art. 10 del d.l. n. 90/2014, convertito con l. n. 114/2014, ha modificato la norma attributiva della potestà rogatoria ai segretari comunali e la disciplina dei compensi connessi a tale attività, creando non poche difficoltà agli operatori degli Enti locali. La norma, infatti, dopo aver modificato la disciplina della destinazione e della ripartizione dei proventi dei diritti di segreteria incassati dai Comuni e dalle Province, ha previsto che una quota dei proventi dell’attività di rogito debba essere attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento, “negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale”.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 181/2022 ha dichiarato l’inammissibilità della questione sollevata dal Tribunale di Lucca con ordinanza del 15 luglio 2021 “per carente motivazione sul requisito della rilevanza”, non avendo precisato il giudice a quo se il comune dove fosse in servizio la ricorrente nel giudizio “avesse, o meno, dirigenti nel proprio organico.  Di conseguenza, non si  è  dato  conto  del  presupposto  fondamentale  per  ritenere  applicabile,  nel giudizio a quo, la normativa sospettata di illegittimità costituzionale”.

Con ordinanza del 23 novembre 2022, n. 27, il Tribunale di Lucca ritenendo che tale pronuncia di inammissibilità della Corte non precluda una nuova trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, integrando l’ordinanza di remissione con i dati ritenuti carenti ha riproposto la questione. Nell’ordinanza quindi compaiono tutti i dati necessari a rendere evidente la rilevanza della questione. Si ha fondato motivo di ritenere che a seguito della nuova ordinanza la Corte Costituzionale sarà finalmente chiamata a pronunciarsi nel merito di una norma in ordine alla quale si fa veramente fatica a comprenderne la ratio. Una norma che esclude dall’attribuzione di tale emolumento soltanto una parte dei segretari per la medesima attività. Sul punto l’ordinanza di remissione ricorda che “la Sezione V del Consiglio di Stato con la sentenza del 12 novembre 2015, n. 5183, ha affermato che «i diritti di rogito hanno una funzione di remunerazione di una particolare attività alla quale è correlata una responsabilità di ordine speciale e sorgono con l’effettiva estrinsecazione della funzione di rogante la quale, ancorché di carattere obbligatorio, eccede l’ambito delle attribuzioni di lavoro normalmente riconducibili al pubblico impiego», non apparendo ragionevole dedurre l’omnicomprensività del trattamento; l’esercizio di detta competenza, sin dall’origine e a tutt’oggi (se pur con riguardo ad alcuni segretari comunali), si è posta come autonoma e del tutto peculiare rispetto alle altre funzioni che il segretario esercita alle dipendenze dell’Ente locale, rappresentando l’eventuale alternativa al ricorso a un notaio, ovvero implicando — detta funzione — anche diverse e specifiche responsabilità, eccedenti l’ambito delle attribuzioni riconducibili al segretario in base al rapporto di pubblico impiego”.

In altro articolo esamineremo le norme costituzionali che secondo il giudice remittente sono violate dalla disposizione riguardante i diritti di rogito. In questa sede appare utile rappresentare le incongruenze retributive che la norma, giustificata da una presunta funzione perequativa, produce. Infatti, la norma sembrerebbe giustificarsi con la possibilità per i segretari degli enti con dirigenza di percepire il cd “galleggiamento”. In realtà tale presupposto con riferimento alla spettanza del diritto appare del tutto irrilevante, sia perché il galleggiamento può non operare dove ci sono dirigenti, sia perché può operare in minima parte, sia perché in alcuni casi, pur operando, non viene meno il diritto del segretario di percepire i diritti di rogito. L’ordinanza di remissione evidenzia l’incoerenza del sistema rilevando come “un segretario comunale può prestare le proprie attività anche in più Comuni, cosicché l’allineamento stipendiale può intervenire per la presenza di dirigenti anche in uno solo dei Comuni presso i quali il segretario presta servizio e, in tale situazione, in forza della norma in oggetto, il segretario non riceve i diritti di rogito nel Comune ove sono presenti i dirigenti, che consente, però, il «galleggiamento», ma, nonostante la sua retribuzione abbia «galleggiato» con la posizione economica dirigenziale più elevata e, non ravvisandosi alcuna esigenza perequativa», riceve comunque i diritti di rogito negli altri Comuni privi di dirigenti nei quali presta servizio[…]. Pertanto, un segretario potrebbe finire per avere una retribuzione equiparata in tutte le voci contrattuali al dirigente e, al contempo, percepire anche i diritti di rogito, maturati per l’espletamento della funzione rogatoria nei Comuni convenzionati privi di dirigenti; per converso, un segretario comunale o provinciale di analoga fascia professionale, dipendente in uno o più Comuni con dirigenti, sicuramente non riceve i diritti di rogito, anche se non beneficia del «galleggiamento»”.

Pertanto, “la norma non assolve una funzione «perequativa», bensì è tale da determinare un’irragionevole disparità di trattamento fra i segretari comunali e provinciali, quindi un’irragionevole difformità in grado di inficiare la progressione in carriera dei lavoratori pubblici”. In attesa del pronunciamento della Corte, almeno un altro Giudice del lavoro ha ritenuto sussistere lo stesso dubbio di costituzionalità e, a breve, giungerà innanzi alla Corte un’altra ordinanza che solleverà i medesimi dubbi.

L’auspicio è che questa volta la Corte Costituzionale si esprima nel merito, in ordine ad una norma, contenuta in un decreto legge, che ha inciso in modo significativo sulla coerenza del sistema retributivo dei segretari comunali e provinciali. Sul punto non può che ribadirsi quanto scritto in tal senso in altra sede “La norma, ad avviso di chi scrive, ha creato un problema di coerenza retributiva del sistema, rispetto alle previsioni contenute nei contratti di lavoro tra i segretari che operano in enti privi di dirigenti e quelli che operano in enti con dirigenti. Infatti, in molte circostanze si verificano ipotesi in cui segretari in servizio in enti più piccoli, appartenenti a classi di segreteria inferiori, percepiscono una retribuzione più elevata dei colleghi in servizio in enti più grandi, appartenenti a classi di segreteria superiori. Inoltre, non è infrequente assistere a cambi di sedi che rappresentano un “avanzamento di carriera” cui corrisponde una riduzione complessiva della retribuzione percepita dal segretario che, proveniente da ente privo di dirigenti, si ritrova nel nuovo ente di dimensioni più grandi con i dirigenti ad avere un incremento dell’indennità di posizione che non compensa la perdita di una voce importante della retribuzione quale è quella dei diritti di rogito. Su tale aspetto l’auspicio è che si apra una riflessione seria, in quanto non è corretto che all’aumento della complessità del lavoro e delle responsabilità non segua un coerente sviluppo del sistema retributivo. Uno dei principi costituzionali in tema di lavoro è quello scolpito nell’art. 36 il quale sancisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”. La norma sui diritti di rogito, inserita in un provvedimento d’urgenza, modificata in sede di conversione con una norma che ha creato notevoli problemi interpretativi, non ha minimamente valutato le conseguenze in tema di coerenza del sistema retributivo dei segretari comunali” (A. Scarsella, Diritti di rogito per i Segretari degli Enti locali, Maggioli Editore 2018, pag. 87).

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