Il tentativo italiano di uscire dalla procedura di deficit eccessivo rimane una possibilità concreta, nonostante dati di disavanzo pubblico per il 2012 leggermente superiori alle ultime stime della Commissione. L’esecutivo comunitario ha assicurato ieri che la decisione ultima poggerà su una serie di elementi, tra cui anche gli sforzi del Paese per riformare la propria economia. La partita dipenderà inoltre dalle assicurazioni che il prossimo governo darà a Bruxelles.
Secondo Eurostat, il braccio statistico dell’Unione, il deficit italiano nel 2012 è stato del 3,0% del Pil. Il dato è in linea con la stima dell’Istat, ma leggermente superiore al 2,9% previsto di recente dalla Commissione. Il disavanzo italiano è in calo dal 2009, quando era pari al 5,5% del Pil. Nel 2010 era al 4,5%, nel 2011 al 3,8%. La pressione dei mercati e le esortazioni dell’Europa hanno indotto i governi che si sono succeduti in questi anni a ridurre il disavanzo.
In compenso, il debito italiano è aumentato, sia in termini reali che in rapporto al Pil: 116,4% nel 2009, 119,3% nel 2010, 120,8% nel 2011, 127,0% nel 2012. L’anno scorso il debito ammontava a 1.988 miliardi di euro. Il dato di Eurostat pubblicato ieri in Lussemburgo era atteso perché si tratta di uno dei parametri che verranno valutati dall’esecutivo comunitario nell’analisi sulla sostenibilità dei conti italiani, la cui pubblicazione è prevista a fine maggio.
Un deficit sotto al 3,0% del Pil nel 2012 avrebbe certamente facilitato l’uscita del paese dalla procedura di deficit eccessivo. Nel suo comunicato, Eurostat inserisce l’Italia tra i 17 paesi con «un deficit superiore al 3,0% del Pil». Ieri qui a Bruxelles il portavoce della Commissione Olivier Bailly ha voluto sottolineare che pur importante questa statistica non è l’unica presa in esame dalla Commissione in questo frangente, dando in questo modo speranze all’Italia.
La decisione dell’esecutivo comunitario sull’uscita del Paese dalla procedura per deficit eccessivo – ha detto Bailly – non sarà presa solo sulla base del dato sul «deficit in un anno specifico», come quello reso pubblico ieri da Eurostat per il 2012, ma «terrà conto anche degli sforzi per la riduzione successiva del deficit», in particolare con le «riforme per la crescita». Il portavoce ha sottolineato anche il criterio della «qualità delle misure» adottate dal singolo paese.
Più in generale, il giudizio della Commissione dipende dalla sostenibilità a medio termine dei conti pubblici italiani, e quindi dall’evoluzione del debito. La decisione dell’esecutivo comunitario sarà basata inoltre sull’andamento del deficit strutturale, assai più positivo sia del debito che del deficit nominali. Tra le altre cose, Eurostat ricorda che nel 2012 la quota italiana di «prestiti intergovernativi nel contesto della crisi finanziaria» è salita a 36,9 miliardi di euro, pari al 2,4% del Pil.
Il governo italiano punta quest’anno su un deficit-Pil del 2,9% al lordo del versamento alle imprese degli arretrati della pubblica amministrazione. Il ministero dell’Economia ha ideato un meccanismo che dovrebbe evitare sforamenti del 3,0% del Pil. Ciò non toglie che nel caso di un peggioramento dell’economia, l’esecutivo possa essere costretto ad effettuare una manovra pur di rispettare il criterio di Maastricht, precondizione per eventualmente scorporare gli investimenti dal calcolo del deficit.
L’establishment europeo appare cautamente ottimista sulle possibilità che l’Italia esca dalla procedura di deficit eccessivo. «Molto dipenderà anche dai passi che verranno fatti dal prossimo governo», avverte un esponente comunitario. Tenuto conto del fatto che la Commissione sta concedendo più tempo a molti paesi per risanare i conti pubblici, l’esecutivo comunitario vorrà capire se nei fatti alcuni esponenti politici decideranno di scegliere questa via, piuttosto che insistere nel ridurre il deficit in piena recessione.
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