L’applicabilità della norma parte con la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, ossia l’altro ieri 21 agosto, ma concerne i procedimenti cominciati dopo a questa data. Se ne evince che potranno godere del diritto all’indennizzo in caso di ritardo solo le istanze presentate da oggi. Anche la guida messa online sul sito del Ministero della pubblica amministrazione ha confermato questa interpretazione.
Successivamente alla sperimentazione, sarà emanato un decreto del Presidente del Consiglio, sentite regioni e comuni, che determinerà se confermare l’indennizzo, se rimodularlo e se estenderlo agli altri procedimenti. Quindi il Governo è consapevole di quanto la partita sia delicata: riconoscere un rimborso di 30 euro per ogni giorno di ritardo significa rischiare o un’emorragia di denaro pubblico (anche se la legge pone un limite di 2mila euro a procedimento) o forzare il lavoro degli uffici pubblici, con possibili errori nei procedimenti.
Bisogna poi ricordare che la norma è indeterminata: per esempio, quando menziona procedimenti riguardanti l’esercizio dell’attività d’impresa, potrebbe riferirsi anche all’immatricolazione di un veicolo aziendale, mentre la stessa operazione, se richiesta da un cittadino, non sarebbe coperta da indennizzo. Probabilmente serviranno molti chiarimenti attuativi.
In ogni caso, l’indennizzo andrà richiesto entro 20 giorni dal termine che l’ufficio avrebbe dovuto rispettare. È necessario rivolgersi al responsabile nominato dall’amministrazione, che dovrà terminare il procedimento nella metà del tempo originariamente previsto o liquidare l’indennizzo. Se neanche il responsabile provvedesse, ci si può rivolgere al TAR (il contributo unificato è dimezzato). In caso di condanna, i dipendenti possono essere puniti disciplinarmente e chiamati a rimborsare il danno erariale.
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