Il sistema dei pagamenti ai fornitori dei debiti arretrati delle pubbliche amministrazioni (anni 2013 e 2014) fa un passo avanti di un paio di miliardi rispetto all’ultimo dato di monitoraggio del ministero dell’Economia del gennaio scorso. Ma soprattutto si prepara al passaggio da una fotografia sugli stock di trasferimenti e rimborsi a un’analisi sui flussi delle fatture elettroniche e dei pagamenti registrati sulla piattaforma della Ragioneria generale dello Stato. Dovrebbe permettere una quotidiana verifica dei tempi di pagamento rispettati dagli enti.
A giorni sul sito del Mef verranno pubblicati i numeri aggiornati su questa procedura di smaltimento dei vecchi debiti nata con il dl 35/2013 e successivamente aggiornata, anche in termini di nuovi stanziamenti con il dl 66/2014 (quello del bonus Irpef). Si passa dai 36,5 miliardi pagati a fine gennaio ai 38,6 pagati al 21 luglio scorso (ma al Mef ritengono che i comuni dovrebbero avere pagato un miliardo in più sebbene non lo abbiano ancora rendicontato). La parte del leone continuano a farla i rimborsi sulla spesa corrente (30,2 miliardi) mentre la spesa in conto capitale, su cui pesano di più i vincoli del Patto di stabilità interno, è stata rimborsata per 8,5 miliardi. L’altro numero di riferimento è sui trasferimenti complessivi dello Stato agli enti debitori (il 95% dei vecchi debiti non è in capo alle amministrazioni centrali). Si passa dai 42,8 miliardi di fine gennaio ai 44,7 miliardi. Il totale stanziato per legge sullo stock di debiti del biennio passato è invece di 56,8 miliardi cui si dovranno aggiungere i 2,9 miliardi di nuove anticipazioni che verranno assicurate con il dl Enti locali, in fase di conversione in Senato. Di quest’ultima cifra, 2 miliardi circa andranno alle Regioni e 900 milioni ai comuni per i pagamenti di fatturazioni eseguite entro la fine del 2014: si tratta di anticipi, come detto, per i quali è previsto un piano di rimborso trentennale allo Stato.
Il residuo stock di debiti cumulati a fine 2014 dovrebbe aggirarsi attorno i 35 miliardi, cifra che coincide con la stima di Bankitalia, visto che i 70 miliardi cui via Nazionale ha fatto riferimento a fine maggio si riducono della metà se si considerano solo i debiti certi, liquidi ed esigibili, quelli appunto che rientrano in questo sistema di rimborso coordinato dalla cabina di regia formata dalla Ragioneria generale e dal Gabinetto del ministro Pier Carlo Padoan.
La scelta del cambio di passo del sistema di monitoraggio? È determinata dal fatto che dal marzo scorso per tutte le amministrazioni e gli enti pubblici è scattato l’obbligo della fatturazione elettronica (per le amministrazioni centrali lo era già dal giugno 2014), un sistema che ha indotto il ministero a focalizzare l’attenzione sui flussi dei pagamenti per verificare il rispetto del sistema Pa delle scadenze previste di 30 o 60 giorni massimi dalla fatturazione, in osservanza della direttiva europea. In questa fase di implementazione del nuovo sistema di monitoraggio il Mef ha una visione su circa il 50% dei pagamenti effettuati sulle fatture elettroniche registrate dalla piattaforma Rgs e si stanno ipotizzando più avanzati schemi sanzionatori per le amministrazioni che ancora non comunicano i dati sui pagamenti in tempo reale come previsto (una ipotesi è la pubblicazione sul sito Mef dei ritardatari).
Il nuovo vaglio sui tempi di pagamento non esaurirà l’attenzione dallo smaltimento degli stock, ma va anche tenuto conto che la Pa nel suo insieme spende circa 12 miliardi al mese (150 l’anno) per l’acquisti di beni, servizi, prestazioni e investimenti. Quando le comunicazioni sui pagamenti saranno al cento per cento si dovrebbe avere una visione sul ciclo di queste passività dal loro sorgere al pagamento effettivo, uno strumento in più per leggere questa parte del bilancio dello Stato nel corso della sua formazione mese dopo mese.
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