Altra mina lungo il percorso parlamentare del provvedimento, destinato peraltro ad allungarsi: la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha deciso ieri il “trasloco” del testo dalla commissione speciale alla Bilancio. Con conseguente slittamento del suo approdo in aula di 24 ore, da lunedì 13 a martedì 14 maggio. Contraria allo spostamento Scelta civica. «Certo – dice Adriana Galgano, vicepresidente del gruppo alla Camera – ci hanno dato tutti garanzie che verrà rispettato il termine ma le prerogative dei parlamentari non possono essere disattese e ricordo che ci sono già 370 emendamenti e che altre proposte di modifica potrebbero essere depositate visto che nella commissione Bilancio ci saranno nuovi componenti». Le commissioni si insediano oggi e ci sarà bisogno di un autentico sprint visto che che non è escluso che la Bilancio decida anche di riavviare l’iter, aprendo anche il termine degli emendamenti. Al momento, la tabella di marcia prevede che le otto commissioni competenti forniscano i loro pareri entro giovedì alle 14. La commissione Bilancio avrà invece tempo fino a lunedì 13 per esaminare il testo destinato all’Aula il giorno dopo.
Diversi i nodi da sciogliere al centro di emendamenti delle varie forze politiche, a partire dalla possibilità di cedere una parte dei crediti delle imprese direttamente alla Cassa depositi e prestiti. Servirà il placet della Ragioneria per l’allargamento della tipologia di debiti fiscali compensabili con crediti commerciale. E c’è ovviamente il delicato fronte delle risorse.
La speranza degli enti locali è che nell’iter alla Camera venga presa in considerazione l’ipotesi di aumentare il plafond di 5 miliardi a loro destinato (su cui si veda anche Il Sole 24 ore di domenica 5 maggio). In base alle rilevazioni dell’Upi, che questo giornale è in grado di anticipare, gli enti di area vasta hanno chiesto spazi finanziari – per debiti scaduti al 31 dicembre 2012 e non pagati alla data dell’8 aprile scorso – per 719 milioni di euro. In testa c’è Milano con 107 milioni, seguita da Roma con 65 e Torino con 45. A cui vanno aggiunti altri 478 milioni per debiti scaduti entro fine 2012 e pagati prima dell’8 aprile scorso. E anche qui la prima piazza spetta al capoluogo lombardo con 41 milioni, davanti a Varese (28,6 milioni) e Cosenza (18,8 milioni). Mentre ha trovato finora molto meno appeal il canale di finanziamento che passa dal fondo della Cassa depositi e prestiti. Sarebbero infatti appena 4 o 5 le amministrazioni che ne hanno fatto richiesta.
Il totale dei desiderata delle province sfiora dunque gli 1,2 miliardi. Risorse che l’Upi chiede ora di sbloccare in toto per non penalizzare gli enti che, in assenza dei decreto, avevano già provveduto autonomamente al pagamento in tempi sostenibili dei loro debiti. Come sottolinea il suo presidente, Antonio Saitta, i numeri citati «dimostrano che gli enti locali appena possono pagano. Noi chiediamo 1,2 miliardi a fronte dei 3 che abbiamo in cassa. Ma se il decreto – aggiunge – consentisse a noi che abbiamo cassa di fare mandati di pagamento sarebbe un buon contributo per la ripresa del Paese». Ferma restando l’esigenza, condivisa anche dall’Anci, di arrivare a una revisione definitiva e strutturale delle regole del patto di stabilità interno, introducendo una specifica deroga (golden rule) per gli investimenti.
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