D.d.l. Delrio, i presidenti di provincia: se sarà legge ridaremo fascia a Napolitano

Nessun beneficio per i cittadini, comanderanno i più grandi

17 Gennaio 2014
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Se passa il d.d.l. Delrio i presidenti di provincia si recheranno al Quirinale per riconsegnare le fasce al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Parole del numero uno dell’ente milanese Guido Podestà, durante la riunione Upi e il vertice con i rappresentanti delle future città metropolitane. Una girandola di incontri che arriva a seguito dell’audizione in Commissione affari costituzionali in Senato avvenuta martedì.
Un intervento, quello del presidente milanese, che oltretutto boccia anche nella sostanza il testo che il Governo sta cercando di portare in approvazione al fine di svuotare definitivamente le province delle proprie funzioni.
Un cammino che sembra ormai destinato, dopo l’ok ricevuto dal d.d.l. Delrio nel corso del primo passaggio parlamentare alla Camera dei deputati, concluso lo scorso 23 dicembre con il voto favorevole a Montecitorio da parte delle forze politiche, guidate dalla maggioranza di Pd, centristi e Nuovo Centrodestra.
Podestà interviene duro nel dibattito in corso sul disegno di legge che porta il nome del Ministro Delrio, valutando come inefficienti le riforme proposte dal punto di vista dei costi e dei servizi per i cittadini, sulla linea del verdetto di bocciatura, a  suo tempo, emanato dalla Corte dei conti.
“Il documento –  ha ricordato Podestà – produrràsolo uno svuotamento delle funzioni assegnate agli Enti intermedi senza determinare un reale risparmio, come certificato dalla Corte del Conti, dall’Università Bocconi, dal Centro studi di Palazzo Madama, dai costituzionalisti e dal Censis”.
Così, obiettivo dei presidenti di provincia è quello di arrivare a una riscrittura del testo che tenga in considerazione le posizioni espresse anche dai piccoli comuni, i quali, ha sostenuto Podestà, non sarebbero adeguatamente rappresentati nell’Anci, “ora dominata dai grandi capoluoghi”.
Un altro punto critico del d.d.l. Delrio, già criticato ampiamente dagli emendamenti consegnati dall’Anci stessa, è quello delle città metropolitane. “Vi è, peraltro, il rischio che, a Milano, su 134 comuni solo i sindaci delle realtà più estese possano definire le scelte per il territorio.”

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