Le circolari amministrative sono atti diretti agli organi periferici o sottordinati e non hanno, di per sé, né valore normativo o provvedimentale né vincolante, per i soggetti estranei all’amministrazione. I destinatari di atti applicativi non hanno l’onere di impugnare le circolari, ma possono contestarne la legittimità, sostenendo che l’atto è illegittimo in quanto scaturisce da una circolare illegittima che doveva essere disapplicata. Questo il principio contenuto nella sentenza n. 3877 del 21 giugno 2010 del Consiglio di stato. Per il giudice amministrativo, che segue un orientamento prevalente, le circolari non sono atti normativi e, per tale motivo, non possono innovare l’ordinamento giuridico, ma contengono comunicazioni, direttive o istruzioni, circa una modalità di comportamento che i destinatari devono adottare o l’interpretazione che l’organo emanante rende, di una norma di legge. Il potere posto a fondamento dell’emanazione delle circolari è il cosiddetto potere gerarchico o di indirizzo che alcuni organi possono esercitare nei confronti di strutture, usualmente sotto ordinate o interne e, pertanto, la circolare avrà i suoi effetti solo nei confronti di tali soggetti e uffici. Nonostante il potere vincolante sul piano interno, le circolari possono essere disattese quando appaiono in contrasto palese con le norme di legge, così come previsto dallo statuto degli impiegati civili dello stato. Escludendo tale caso, che va comunque motivato da parte di colui che avrebbe dovuto attenersi alle indicazioni impartite dall’organo sovraordinato, la mancata applicazione delle circolari ha effetto solo sul piano interno e non sulla legittimità dell’atto adottato. Pertanto, in questo caso, si avranno conseguenze sotto il profilo disciplinare, con applicazione delle relative sanzioni per il funzionario che ha disatteso la circolare. Il ragionamento è condivisibile nella parte in cui i giudici indicano che ammettere nelle circolari opinioni interpretative del-l’amministrazione con vincoli equivale a riconoscere alla stessa un potere normativo in conflitto con la Costituzione che assegna tale potere al parlamento. Per il Consiglio di stato, nell’ipotesi che l’ufficio disattenda il contenuto della circolare, il contribuente non può far valere l’illegittimità dell’atto impugnato, acclarato che tale illegittimità può derivare solo dal contrasto tra l’atto e le norme di legge, effettivamente unico parametro di valutazione della legittimità dell’atto. I destinatari degli atti applicativi di circolari non hanno alcun onere di impugnativa, ma possono limitarsi a contestarne la legittimità al solo scopo di sostenere che gli atti applicativi sono illegittimi perché scaturiscono da una circolare illegittima che avrebbe dovuto essere, invece, disapplicata. Così come affermato anche in altri interventi giurisprudenziali, una circolare contra legem può essere disapplicata anche d’ufficio dal giudice investito dell’impugnazione dell’atto applicativo della stessa circolare. Eccezione a tale applicazione interna è il principio contenuto nell’articolo 10 dello statuto dei diritti del contribuente, che assegna alla circolare un effetto esterno, quale atto che fonda l’affidamento del contribuente e costituisce causa di esclusione per l’applicazione delle sanzioni e degli interessi; di conseguenza se il contribuente si è adeguato alle indicazioni contenute in un atto dell’amministrazione, non gli potranno essere né irrogate sanzioni né richiesti interessi. In questo caso il principio della tutela dell’affidamento prevale sul carattere interno delle circolari.
Dalle circolari effetti a cascata
Il Consiglio di Stato fornisce un’interpretazione operativa della classica espressione della prassi
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