A sottolinearlo è il presidente dell’Anac Raffaele Cantone, che in un comunicato diffuso ieri dall’Autorità anticorruzione interviene sul tema per rispondere alle sollecitazioni arrivate dalle imprese.
All’Authority è stato infatti segnalato che «diversi bandi di gara relativi all’affidamento di lavori pubblici» contengono la clausola che subordina il pagamento all’arrivo di finanziamenti da terzi, che possono essere l’Europa oppure per esempio le Regioni nel caso di gare bandite da un Comune. In questo modo, l’impresa che vince esegue il lavoro, ma per essere pagata deve sperare che alla Pa arrivi in fretta il finanziamento.
Il meccanismo è contrario alle logiche di mercato, e soprattutto illegittimo. Per sostenere questo secondo aspetto, Cantone richiama prima di tutto la Costituzione, che impone di assumere un provvedimento di spesa solo quando la copertura finanziaria è certa (articolo 81) anche per assicurare il «buon andamento» della Pa (articolo 97); di qui l’articolo 191 del Testo unico degli enti locali, che consente di impegnare spese quando la copertura è “certificata”.
Sul punto, l’obiezione potrebbe essere legata per esempio al fatto che il finanziamento è stato ottenuto, ma se ne attende l’erogazione effettiva. L’osservazione, però, cade di fronte a un’altra regola, cioè al Dlgs 231/2002, modificato tre anni fa per adeguarsi alla disciplina Ue sui tempi certi di pagamento. In questo quadro, non è possibile per esempio invocare i vincoli del Patto di stabilità per giustificare un pagamento che ritarda: il programma dei pagamenti deve tener conto di tutti i fattori in gioco, e il bando funziona solo se si può chiudere la partita in modo puntuale.
In realtà, questa rimane un’utopia, come dimostrano le tante norme che hanno provato a realizzarla senza successo, a partire dal decreto anti-crisi del 2009 (articolo 9, comma 2 del Dl 78/2009) che ha previsto tagli di stipendio al funzionario che non accerta l’assenza di ostacoli ai pagamenti prima di firmare impegni di spesa. La norma, che sulla carta è durissima, è in vigore da più di sei anni, ma non ha impedito la crescita dei debiti commerciali della Pa.
L’ultima tranche dello sblocca-debiti è stata attivata dal decreto enti locali approvato prima dell’estate (Dl 78/2015), e vale due miliardi per le Regioni e 850 milioni per i Comuni. Nel capitolo enti locali, l’Economia ha pubblicato il decreto attuativo il tasso d’interesse, ma per far partire davvero il meccanismo, però, bisogna aggiornare l’Addendum che regola i rapporti con Cdp: ieri il presidente dell’Anci Piero Fassino ha scritto al Governo chiedendo di accelerare.
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