Dai giudici via libera ai monopoli «naturali»

Il Sole 24 Ore
26 Giugno 2012
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La liberalizzazione dei servizi pubblici locali può evitare in automatico le situazioni di «monopolio naturale», per esempio quando nell’ambito territoriale c’è un solo impianto da gestire. Negli altri casi, però, l’esame da parte dell’Antitrust non può rimanere lettera morta e deve influire sulle scelte dell’ente.
Sono le osservazioni principali formulate dal Consiglio di Stato (parere n. 2805/2012) al regolamento attuativo della riforma dei servizi pubblici locali, chiamato a disciplinare le analisi di mercato che gli enti affidanti devono effettuare prima di scrivere nella delibera quadro in quali servizi si possono mantenere i diritti di esclusiva, e per quali ragioni.
Il parere si concentra in particolare sull’articolo 2 del decreto: i giudici di Palazzo Spada spiegano prima di tutto che cosa debba intendersi per «liberalizzazione» di un servizio, specificando che si riferisce alla «concorrenza nel mercato», quella che consente agli imprenditori del settore di operare contemporaneamente nel mercato rilevante ad armi pari, riuscendo a soddisfare le esigenze della comunità amministrata. In un regime completamente liberalizzato, quindi, l’accesso al mercato dovrebbe essere libero o, al più, caratterizzato dal previo rilascio di autorizzazioni (vincolate) all’esercizio dell’attività economica – se è necessario che gli operatori presentino determinati requisiti – in base a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.
Il parere focalizza l’attenzione anche sulla definizione di monopolio naturale, chiedendo che nel Dm sia esplicitamente previsto che la verifica evidenzi anche la sussistenza di queste situazioni. Nell’ambito dell’istruttoria, inoltre, viene richiesto che gli enti locali procedano all’analisi delle compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico garantite attualmente ai gestori, per verificarne la compatibilità con le recenti raccomandazioni della Commissione Ue in tema di aiuti di Stato («pacchetto Sieg»).
Tra i ritocchi “suggeriti” dal Consiglio di Stato c’è poi quello che vorrebbe attribuire maggiore forza al giudizio dell’Antitrust, a cui vanno sottoposte le delibere-quadro con cui gli enti affidanti decidono quali servizi affidare al mercato. I giudici chiedono che il parere del Garante (obbligatorio per gli enti sopra i 10mila abitanti) entri nelle motivazioni su cui le delibere-quadro fonderanno l’attribuzione di diritti di esclusiva, per evitare che quello all’Antitrust finisca per essere un passaggio solo formale, incapace di incidere sulle scelte concrete. La richiesta del Consiglio di Stato non piace però all’Anci (che invece apprezza la precisazione sui monopoli naturali) e, soprattutto, anche l’evoluzione normativa sembra andare in senso contrario, dopo che il decreto Sviluppo ha deciso di sottoporre il parere alla procedura del silenzio-assenso. Il Consiglio di stato richiede inoltre di precisare nel Dm che l’affidamento in esclusiva dei servizi non deve essere esteso o abbinato ad attività che possono essere svolte in regime di concorrenza, al fine di evitare elusioni della finalità primaria della nuova di disciplina consistente nella liberalizzazione dei servizi.

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