Federalismo fiscale fai-da-te, almeno per quanto riguarda i costi standard della sanità. Sarà la conferenza stato-regioni a scegliere, su una rosa di cinque indicate dal ministero della salute, le tre regioni che costituiranno il benchmark a cui tutte le altre dovranno adeguarsi per determinare i fabbisogni sanitari standard. La scelta avverrà sulla base di due parametri. Innanzitutto, i conti in ordine. Le regioni modello dovranno infatti «aver garantito l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico». E poi «la qualità, l’appropriatezza e l’efficienza» dei servizi sanitari erogati, valutate sulla base degli standard fissati nel Patto sulla salute siglato tra governo e regioni a dicembre 2009. La decisione di passare nelle mani dei governatori la patata bollente della scelta delle regioni modello è stata annunciata ieri da Luca Antonini, presidente della Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale. Ed è stata subito trasposta nella prima bozza di decreto legislativo sui costi standard sanitari. Il testo spiega che questi verranno determinati sulla base della «media pro-capite pesata del costo registrato dalle regioni benchmark» con riferimento a tre macro-livelli di assistenza (collettiva, distrettuale e ospedaliera) e in base alla popolazione. Viene così definitivamente abbandonata l’idea di scegliere subito i territori virtuosi di riferimento e si rimanda tutto al 2013, stabilendo che i conti andranno fatti sulla base dei bilanci 2011. L’individuazione delle regioni virtuose ha creato in questi mesi più di un grattacapo tra i tecnici del governo, costretti a veri e propri equilibrismi contabili per scegliere enti che non risultassero modelli troppo difficili da emulare da parte degli altri governatori. In principio doveva essere solo la Lombardia. Ad annunciare che tutte le regioni italiane avrebbero dovuto conformarsi alle performance sanitarie del Pirellone fu Giulio Tremonti in persona (si veda ItaliaOggi del 4/3/2010). Ma subito è apparso chiaro che sarebbe stato un obiettivo irraggiungibile per la maggior parte dei governatori e l’idea venne presto abbandonata. Si è passati allora a considerare un poker di regioni di volta in volta destinato a mutare a seconda dei parametri presi in considerazione. E quando sembrava certo che le magnifiche quattro sarebbero state Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana, sono spuntate a sorpresa Umbria e Marche. Forti dei loro conti in nero le due regioni del Centro hanno soffiato il posto al Veneto di Luca Zaia e all’Emilia Romagna di Vasco Errani (universalmente riconosciuta come la regione che eroga i migliori servizi sanitari), creando così più di un malumore nella Lega e nel Pd. Con la soluzione escogitata ieri dalla commissione Antonini, sarà la Conferenza stato-regioni ad assumersi la responsabilità della scelta. E c’è già chi scommette che la combinazione dei due criteri di virtuosità (equilibrio economico e efficienza del servizio) potrebbe portare nella rosa delle prescelte anche qualche regione del centro-sud (per esempio il Lazio). Il che abbasserebbe ulteriormente l’asticella di virtuosità. Fisco regionale, comunale e provinciale. Intanto la concertazione tra governo e autonomie sui decreti relativi al fisco municipale e a quello regionale procede a singhiozzo. Su richiesta dell’Anci è slittata l’intesa sul federalismo municipale. In Conferenza unificata i comuni hanno chiesto un quadro finanziario completo prima di dare il sì al provvedimento. E la cosa ha creato più di un malumore nel governo. Roberto Calderoli è stato caustico: «dal momento della calendarizzazione decorrono trenta giorni per l’intesa e quindi ho fatto loro presente che per 4 o 5 giorni rischiano di perdere un anno di entrate proprie», ha sottolineato il ministro per la semplificazione. Che ha dovuto incassare anche la richiesta di rinvio da parte delle regioni. Come annunciato dallo stesso Calderoli, l’approdo in cdm del decreto sul fisco regionale era previsto per il 1° ottobre. Ma i governatori, impegnati nei piani di rientro della sanità, hanno chiesto più tempo per esaminare il testo. Sulla strada che porta all’autonomia finanziaria, le province sono per il momento un passo indietro. Le norme sul fisco provinciale sono state espunte dal dlgs sul federalismo regionale. Ma Calderoli, incontrando i vertici dell’Upi, ha assicurato che «nel provvedimento che sarà portato in cdm ci saranno anche gli articoli che riguardano l’autonomia tributaria delle province».
Costi sanitari, parola alle regioni
FEDERALISMO FISCALE/Via dal 2013. Conteranno l’equilibrio economico e l’efficienza del servizio
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