Corte dei conti: per le partecipate lo Stato spende 26 mld all’anno

L’allarme del procuratore generale Salvatore Nottola: hanno un forte impatto sui conti pubblici ma poca trasparenza, urge un disegno di ristrutturazione organico e complessivo

30 Giugno 2014
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Una miriade di società che sono costate lo scorso anno solo alle casse dello Stato 26 miliardi.
Sono le partecipate pubbliche, imprese di un mondo ancora poco conosciuto e poco trasparente e che necessita al più presto di “un disegno di ristrutturazione organico e complessivo”. È la sollecitazione che arriva dalla Corte dei conti.

Nell’ultima rilevazione della Corte le partecipate sono in tutto circa 7.500: 50 dallo Stato e 5.258 dagli enti locali cui si sommano altri 2.214 organismi di varia natura (consorzi, fondazioni ecc.). Il numero è però “variabile, in quanto le società sono soggette a frequenti modifiche dell’assetto societario”.

Per il loro peso finanziario e per la dimensione economica, gli enti partecipati – ha sottolineato il procuratore generale Salvatore Nottola nel suo giudizio sul rendiconto generale dello Stato – “hanno un forte impatto sui conti pubblici, sui quali si ripercuotono i risultati della gestione, quando i costi non gravano sulla collettività, attraverso i meccanismi tariffari”.

Il movimento finanziario indotto dalle società partecipate dallo Stato, costituito dai pagamenti a qualsiasi titolo erogati dai Ministeri nei loro confronti ammontava a 30,55 miliardi nel 2011, 26,11 miliardi nel 2012 e 25,93 nel 2013; il “peso” delle società strumentali sul bilancio dei Ministeri è stato di 785,9 milioni nel 2011, 844,61 milioni nel 2012 e 574,91 milioni nel 2013.

Un mondo così variegato e ricco di implicazioni “richiederebbe una assoluta trasparenza del fenomeno ma la realtà è diversa”. L’assetto delle società è mutevole e soggetto a vicende che i magistrati contabili definiscono “complesse”, con aspetti contabili che sono “spesso oscuri”. Da qui la richiesta di porre mano “ad un disegno di ristrutturazione organico e complessivo, che preveda regole chiare e cogenti, forme organizzative omogenee, criteri razionali di partecipazione, imprescindibili ed effettivi controlli da parte degli enti conferenti e dia a questi ultimi la responsabilità dell’effettivo governo degli enti partecipati”.

(Fonte: Ansa)

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