La confusione generata dalle impugnazioni davanti ai Tar delle delibere di dissesto guidato adottate da alcune Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (Calabria e Sicilia) e dalle relative ordinanze di sospensione hanno fatto scuola. Due giudici che litigano le loro competenze sono una vera ghiottoneria per chi ha necessità di ritardare gli effetti negativi provenienti da “giudicati” avversi. Piatto ricco mi ci ficco, avranno pensato i gruppi politici consiliari della Regione Marche, ai quali faranno di certo seguito altri.
La Sezione marchigiana della Corte dei conti ha proceduto a verificare il rendiconto dei gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2012. Il controllo è stato basato sulle novità normative introdotte dall’articolo 1, comma 9 e seguenti, del Dl 174/2012 convertito nella legge 213/2012. La Corte ha agito nell’ovvio rispetto della legge regionale 34/88 (modificata con la legge regionale 43/2012) e delle deliberazioni adottate dall’ufficio di presidenza del Consiglio regionale.
Dall’analisi della documentazione sono emerse sostanziali violazioni in relazione a:
- godimento esclusivo delle risorse destinate ai gruppi (per esempio viaggi in pullman frequentati promiscuamente);
- distorta utilizzazione delle stesse spese per trasmissione/messaggi televisivi;
- non corrispondenza delle somme registrate per convegnistica con quelle documentate;
- discutibile tracciabilità dei pagamenti;
- rimborsi (specie per ristorazione) e missioni percepiti indebitamente.
Insomma, sono state eccepite delle irregolarità. Nei loro confronti i gruppi, lesi nella “prerogativa” di gestire le risorse liberamente, hanno adito il magistrato amministrativo, rivendicando giustizia sulle loro ragioni. Meglio, su ciò che la politica ritiene tali, in relazione ai tentativi di sindacato terzo sulla gestione delle economie pubbliche concesse loro in uso indiscriminato. Insomma, il giudizio di conto non è andato giù. Quindi, ci penserà il Tar.
All’orizzonte, un duplice schieramento. Un giudice contabile, certo di aver fatto bene il suo dovere. I gruppi ricorrenti a sperare invece che il giudice adito sospenda gli effetti dei rilievi e, quindi, blocchi ogni iniziativa successivamente dovuta. In mezzo, la voglia comune di ripristino delle regole sull’esercizio della giustizia.
Insomma, che non accada lì quanto successo in termini di predissesto a cominciare da Cefalù. Il problema è quello di capire, preliminarmente, quanto il giudice amministrativo possa sospendere una delibera del suo omologo contabile, soprattutto alla luce della sentenza 60/2013 della Consulta. Ciò in quanto gli atti adottati dalle Sezioni regionali di controllo non possono configurarsi come provvedimenti assunti dalla Pa nell’esercizio di un potere amministrativo a conclusione di un omologo procedimento; in quanto tali, atti di tipo paragiurisdizionale emanati da un organo estraneo all’apparato della Pubblica amministrazione nel l’esercizio di un potere di controllo specificamente attribuito alla Corte dei conti dalle leggi e, soprattutto, dall’articolo 100 della Costituzione.
Certo è che, tra due giudici che bisticciano, a goderne (almeno per il momento) sarà il terzo.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento