PERUGIA – Ricche commesse alla Francia ma, per l’Italia, l’atomo non sembra essere proprio un affare. Mentre le rinnovabili sono “un’occasione che il Paese deve perseguire”. A porre “molti dubbi” sulla scelta del nucleare in Italia è Massimo D’Alema. La sede Perugia, alla tavola rotonda che ha chiuso la tre giorni di dibattito dal titolo ‘Energie positive’ organizzata dalla Fondazione Italianieuropei, di cui D’Alema è presidente.
All’incontro di ieri 7 novembre hanno partecipato Paolo Scaroni, amministratore delegato Eni, Vito Gamberale, amministratore delegato F2i, Nando Pasquali, amministratore delegato Gestore servizi energetici. All’epoca del Referendum, D’Alema, come lui stesso ha raccontato, votò a favore del nucleare ma oggi si dice “abbastanza dubbioso” sulla scelta dell’Italia di buttarsi a capofitto su tecnologie “da cui saremo dipendenti”.
“Il nucleare – ha detto – è un grande affare per i francesi e non per gli italiani ed è difficilmente gestibile. Porterà grandi commesse alla Francia, e forse anche agli Stati Uniti, ma é più un’idea propagandistica che di politica industriale. E’ difficile recuperare 25 anni di ritardo se non con costi altissimi”. Ecco perché, secondo D’Alema, le rinnovabili rappresentano “un’occasione che il Paese deve perseguire”. Una strada sulla quale il presidente di Italianieuropei mette dei paletti: riduzione dei costi, quadro normativo nazionale certo che rimetta ordine in questa situazione di caos, politica degli incentivi che nel tempo tende a ridursi, maggiore impegno da parte degli enti locali.
Da parte dei produttori di energia si guarda già al dopo. In particolare l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, punta sulle “rinnovabili del futuro”. “Ecco – ha detto tirando fuori un sacchetto – l’energia a portata di tasca. Una cella solare senza silicio. Su questo terreno nei prossimi anni come Eni faremo grandi cose”. E sul nucleare: “Se vogliamo convincere le popolazioni bisogna far capire che non è pericoloso”. Alcune, per Scaroni, le condizioni sulla scelta dell’atomo, dalla previsione di un capitolo rimborso se il Paese decide di uscire dal progetto ai costi dello smantellamento alla definizione di un prezzo minimo perché non si sa, oggi, se quella nucleare costerà meno dell’energia del gas.
L’amministratore delegato Eni ha quindi messo in evidenza la sfida sui cambiamenti climatici. In un momento delicato per la competitività “vale la pena di lavorare – ha detto – per uno sforzo di riduzione delle emissioni di gas serra” ma questo “solo se saremo capaci di farci seguire dai più grandi emettitori mondiali di Co2, Cina e Stati Uniti”. Nel mondo le emissioni europee rappresentano il 13% contro il 55% di Cina e Usa. L’obiettivo Ue di riduzione del 20% al 2020 rispetto ai livelli del ’90 (pari a un taglio di un miliardo di tonnellate di Co2, da cinque miliardi di tonnellate a quattro miliardi) rappresenta un terzo dell’incremento di emissioni da parte della Cina nello stesso periodo.
Durante la tre giorni dell’energia si sono alternati 40 tra esperti, professionisti, personalità del mondo accademico, della politica e delle imprese. Punto centrale l’efficienza energetica che può dare all’Italia una marcia in più.
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