MILANO – Con la nuova cura anti-deficit imposta al fisco locale, vivere e lavorare a Roma costerà fino al doppio rispetto a Milano. Certo, il fascino delle due città è imparagonabile, ma a differenziare il conto presentato a cittadini e imprese non saranno le bellezze dei luoghi ma le brutture dei bilanci. A chi ha un reddito da 30mila euro, Milano chiede meno di 330 euro l’anno di addizionale Irpef (regionale, quella comunale non è applicata), mentre Roma vuole 660 euro, che potranno arrivare fino a 780 se anche il comune dovrà sfruttare al massimo la possibilità offerta dalla manovra correttiva di ritoccare l’imposta sui redditi. Differenze imponenti riguardano anche le imprese: con due milioni di euro di valore della produzione, l’Irap laziale arriva ora a 99.400 euro, quella lombarda si ferma a 78mila. Lo sconto, in questo caso, è del 22 per cento. “Attaccati” su due fronti, da regione e comune, i contribuenti romani sono i più impegnati a fare i conti sul loro nuovo contributo al funzionamento di enti territoriali schiacciati dai debiti accumulati negli anni passati. Le superaddizionali, però, riguardano quasi un italiano su quattro, cioè i 13,8 milioni di persone che abitano nelle regioni travolte dai buchi sanitari. Sulla carta la ricetta è uguale per tutti, e aumenta dello 0,30% l’imposta regionale sui redditi e dello 0,15 quella sulle attività produttive, che nelle quattro regioni vedeva già l’aliquota ordinaria al livello record del 4,82 per cento. Nei fatti, però, il Lazio da solo porterà quasi il 60% dei 629 milioni che la nuova stretta dovrebbe raggranellare. Il primato laziale non dipende dal numero di abitanti (i campani sono 200 mila in più), ma dal fatto che Roma e dintorni sono l’unica area vivace dal punto di vista economico, e quindi ricca sul piano fiscale, fra quelle coinvolte dalla nuova ondata di super-addizionali. In media, i contribuenti di Roma e dintorni sono già oggi i primatisti italiani del fisco locale: l’addizionale regionale all’Irpef costa a ognuno di loro 360 euro l’anno, contro i 270-290 euro registrati nelle medie delle altre regioni, e con la stretta appena decisa dal governo arriva nel 2010 a 437 euro. L’Irap di imprese e autonomi dotati di stabile organizzazione, invece, sfonda nel Lazio il tetto degli 11mila euro medi, più del doppio dei 4-5mila euro all’anno delle altre tre regioni: il nuovo rincaro anti-deficit agisce in proporzione, e fa salire l’Irap media 2010 di 350 euro nel Lazio, e di circa 150 in Molise, Campania, Calabria. Dove il fisco è più povero, anche le contromisure offerte dalle super-addizionali possono fare poco per bilanci regionali più che traballanti: la conferma arriva dalla Calabria, dove l’impennata fiscale offre solo una goccia nel mare del rosso da coprire (si veda l’articolo sopra). I valori medi, comunque, non chiariscono fino in fondo la portata della nuova misura, perché si basano su platee che comprendono anche chi ha reddito zero o valore della produzione netta negativo. L’impatto sui singoli contribuenti, naturalmente, dipende dalla loro situazione individuale, e può allontanarsi anche molto dalle medie complessive. Le differenze si sentono soprattutto nel carico fiscale sulle imprese; quasi il 3% dei contribuenti Irpef supera i 250mila euro di valore della produzione, e di conseguenza nelle quattro regioni colpite si vedrà imporre un aumento dai 3.750 euro in su.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento