Nessuna speranza. I consorzi di funzioni tra gli enti locali vanno soppressi. Possono sopravvivere esclusivamente i consorzi di servizi. Due recenti deliberazioni della Corte dei conti (sezioni regionale del Lazio e del Piemonte) permettono di fare il punto su un argomento particolarmente delicato, soprattutto laddove le forme associate erano state costituite per gestire attività sociali. Tutto nasce dall’articolo 2 comma 186 lettera e) della legge finanziaria 2010. Ai fini del coordinamento e del contenimento della spesa pubblica vengono soppressi i «consorzi di funzioni», senza peraltro modificare l’articolo 31 del Tuel, che prevede i consorzi di funzioni tra le forme associative possibili. Con la deliberazione 118/2010, la Corte dei conti della Campania, basandosi su un’interpretazione letterale della norma, aveva ritenuto che ci fosse piena equiparazione tra i consorzi di servizi assistenziali derivanti dalla legge 328/2000 e i consorzi di funzioni da sopprimere. La norma citata è quella che – disciplinando alcune attività in ambito sociale quali quelle di assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale – aveva pure indicato nei consorzi una concreta modalità di gestione. Il parere, particolarmente rigido, probabilmente non ha convinto gli operatori, che si sono rivolti per ulteriori interpretazioni alla rispettive sezioni regionali della Corte dei conti. La distinzione. I giudici contabili del Lazio, con la delibera 15 del 2011, hanno fatto un’interessantissima distinzione tra consorzi di funzioni e di servizi, determinando in quali casi i consorzi esistenti possono continuare a sopravvivere e a prestare attività. Si tratta di una differenziazione basata sulla sostanza dell’attività svolta e dei poteri conferiti con l’atto costitutivo e nello statuto. Costituisce “funzione” quell’attività che si esplica mediante atti amministrativi o comportamenti configuranti espressione del potere autoritativo della Pa o la cura concreta di interessi pubblici finalizzata al raggiungimento ad uno scopo tipizzato dalla legge. È, invece, classificabile tra le attività in capo ai consorzi di “servizi” l’azione della Pa che si traduce nella pura erogazione di un servizio alla collettività, in attuazione di precetti costituzionali afferenti a diritti soggettivi assoluti, quali il diritto alla salute o all’assistenza domiciliare per anziani o diversamente abili. Il passaggio chiave. Il passaggio chiave del documento risulta, però, in tale conclusione: la natura consortile del servizio non muta se una frazione non preponderante dell’attività viene gestita secondo atti amministrativi funzionali alla resa del servizio stesso, rientrando nella normale organizzazione di un consorzio di servizi la costituzione di un’unità organizzativa di tipo amministrativo. Più di forma, invece, l’interpretazione della Corte dei conti del Piemonte nella delibera 28/2011. Se il consorzio applica le norme degli enti locali previste dal Tuel, non potrà che essere destinato a soppressione. Qualora il consorzio gestisca anche altri servizi eccedenti quelli essenziali che i Comuni devono necessariamente erogare nell’ambito delle competenze ricomprese nella funzione sociale, lo stesso andrà “trasformato” in forma di servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, ex articolo 113-bis del Tuel con il regime delle aziende speciali.
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