Insieme alla proroga al 30 novembre del termine per approvare il bilancio di previsione 2013, il Dl 102/2013 differisce anche il termine per approvare o variare i regolamenti tributari, le aliquote e le tariffe. Questa situazione, per usare le parole scritte dalla Corte dei conti, sezione Autonomie, nella delibera 23 del 14 ottobre 2013, «si connota di particolari tratti al limite della irragionevolezza».
A questo si aggiunge anche un serio problema di tempistica, conseguente al dubbio se le aliquote e regolamenti possono essere variati dopo l’approvazione del bilancio comunale, ma comunque entro la data ultima fissata dalle norme statali.
Questo problema sembrava essere stato risolto dal Mef, che con la risoluzione n. 1/DF del 2 maggio 2011 aveva ammesso, anche per gli enti con bilancio già approvato, la possibilità di variare le delibere apportando le conseguenti variazioni di bilancio.
Questa lettura è però stata successivamente stravolta dalla delibera n. 431 del 2012 della Corte dei Conti, sezione Lombardia, nella quale si sostiene che non è sufficiente una delibera di variazione del bilancio approvato essendo necessaria, invece, una completa riadozione del bilancio di previsione, secondo i termini scanditi nel regolamento di contabilità di ogni Comune, termini mediamente superiori al mese è quindi per il 2013 quasi esauriti.
Unica possibilità è che venga finalmente accolto un emendamento – tra l’altro già più volte proposto da Anci – che acclari con legge la sufficienza di una delibera di variazione.
I dati mancanti
La necessità di risolvere in fretta il problema è amplificata dal fatto che ad oggi i Comuni non hanno ancora tutte le informazioni necessarie a (ri)adottore il bilancio. Basti considerare che a fine ottobre ai Comuni non è stato ancora comunicato quanto devono versare e ricevere dal Fondo di solidarietà comunale, visto che manca l’emanazione di un Dpcm, sebbene nella Conferenza Stato-città e autonomie locali l’accordo sia stato raggiunto il 25 settembre e l’ammontare del Fondo sia stato fissato in 6,977 miliardi, di cui circa 4,7 sono dati dal gettito Imu di competenza comunale che dovrà essere riversato allo Stato. E qui c’è un altro nodo irrisolto, perché non si sa come i Comuni dovranno riversare tali somme allo Stato: se queste saranno direttamente trattenute dagli incassi da F24 Imu oppure se riceveranno una quota di Fondo al netto della loro quota di alimentazione. Non va meglio per la Tares in quanto le modifiche apportate dalla Camera al disegno di legge di conversione del Dl 102/2013 fanno prefigurare uno scenario in cui ogni Comune può fare quello che vuole. Solo la conversione definitiva del decreto – avvenuta giovedì scorso – consente adesso agli enti di decidere che regime utilizzare per il 2013.
Infine il capitolo Imu: a oggi non si conoscono le sorti della seconda rata Imu delle abitazioni, o meglio si sa che sarà abolita come la prima, ma non si sa se il “contributo” compensativo ai Comuni sarà calcolato come per l’acconto e quindi sulla base del gettito 2012 o sulla base delle aliquote deliberate dal Comune nel 2013, o come molti auspicano, sulla leva fiscale teorica. E anche in questo caso diventerà difficile non mettere mano alle aliquote.
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