Le nuove regole per il finanziamento del-l’attività dei comuni assomigliano ad un razzo a più stadi che viene messo in orbita nello spazio: da subito, quindi già dai bilanci del 2011, si registrano le prime novità, che in parte proseguiranno a regime ed in parte verranno sostituite dal 2014 dalle nuove regole permanenti. Sicuramente siamo in presenza di una svolta di grande rilievo, sia perché le entrate proprie diventeranno prevalenti nel finanziamento dei comuni, sia perché si fuoriesce definitivamente dalla spesa storica, cioè da un sistema che, a partire dal risanamento operato nel 1976 dai cosiddetti decreti Stammati, ha previsto che le risorse destinate alle singole amministrazioni si basassero su quanto veniva speso in precedenza. Per capire se siamo in presenza di una vera e propria rivoluzione bisognerà attendere di conoscere il contenuto dei provvedimenti attuativi che, in particolare, ci dovranno dire se le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali assegnate ai comuni sono una forma di trasferimento mascherato ovvero se costituiscono una entrata propria, intendendo come tale una forma di finanziamento su cui gli enti hanno margini di autonomia decisionale e se gli eventuali surplus di gettito resteranno alle singole comunità. Le premesse contenute nella norma sembrano andare nella direzione di assegnare ai comuni margini significativi di intervento anche su una parte rilevante di queste entrate. Si deve inoltre mettere subito in evidenza che una parte rilevante delle risorse attribuite ai comuni deriverà dalla tassazione degli immobili, confermando quindi questo come il terreno privilegiato sia del finanziamento che delle competenze. Ma che si realizza, nel contempo, un ventaglio di voci di entrata, il che evidenzia la vocazione dei comuni a essere un ente rappresentativo degli interessi generali della propria comunità e che quindi viene finanziato attraverso una pluralità di fondi. E, inoltre, tale scelta riduce i rischi connessi al maturare di nuove sperequazioni collegate ad una entrata caratterizzata da una voce largamente prevalente. Vediamo adesso le regole relative alla prima applicazione del nuovo sistema di finanziamento. Da subito i trasferimenti erariali cominciano ad essere messi in soffitta: il perno del finanziamento dei comuni già dal 2011 sarà costituito dalla attribuzione di una quota del gettito delle attuali imposte sui trasferimenti immobiliari, da una quota dei proventi derivanti dalla cedolare secca sulle locazioni di immobili e dalla compartecipazione all’Iva. Questa entrata sostituisce la attuale compartecipazione all’Irpef. Una parte di tali risorse, in particolare di quelle provenienti dalla assegnazione di una quota del gettito sui trasferimenti erariali, sarà destinata a finanziare il fondo sperimentale di riequilibrio, cioè non verrà attribuita direttamente ai comuni in cui si trova l’immobile, ma affluirà in un fondo nazionale da ripartire in modo perequativo tra tutti i comuni italiani. Sempre dal corrente anno le amministrazioni che non l’avevano utilizzata e quelle che la avevano utilizzata in misura contenuta potranno innalzare l’aliquota Irpef, possibilità impedita da numerosi anni. E ancora, potranno essere attivate dai singoli enti sia l’imposta di scopo per il finanziamento della realizzazione di opere che quella di soggiorno per la copertura degli oneri derivanti dalla necessità di erogare servizi aggiuntivi per i turisti. Un’altra importante fonte di entrata potrà essere rappresentata dall’attribuzione ai comuni del maggiore gettito derivante dal recupero di evasione dei tributi immobiliari. Come si vede, siamo in presenza di un insieme di scelte che segnano il punto di svolta rispetto ad un sistema che, soprattutto dopo l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, è stato caratterizzato dalla prevalenza dei trasferimenti statali rispetto alle entrate proprie. Punto di svolta che deve comunque essere definito come graduale, visto che il peso prevalente continua a essere costituito dalla devoluzione di quote dei tributi erariali sui trasferimenti immobiliari e dalla compartecipazione all’Iva. Per l’attribuzione ai singoli enti di questa entrata si prevede, nella prima fase, la utilizzazione del gettito provinciale, ripartito in misura proporzionale al numero degli abitanti e, non appena i dati saranno disponibili, sulla base del gettito dei singoli comuni. Il decreto legislativo sul federalismo municipale si preoccupa di garantire nell’immediato che ai singoli comuni non potranno arrivare entrate inferiori a quelle attuali: i trasferimenti erariali vengono diminuiti di una cifra eguale all’ammontare delle nuove entrate, con riferimento alla quota dei tributi sui trasferimenti immobiliari, alla compartecipazione Iva, alla quota del gettito della cedolare secca sulle locazioni di immobili e al fondo sperimentale di riequilibrio. Per garantire tale risultato minimo si prevede che il gettito della cedolare assegnato ai comuni possa essere modificato. Un’ulteriore forma di garanzia è costituita dalle modalità attraverso le quali sarà disciplinato il fondo sperimentale per il riequilibrio: l’associazione dei comuni sarà infatti ampiamente coinvolta nella sua definizione. E ancora, vanno nella stessa direzione il legame che viene stabilito con i fabbisogni standard man mano che verranno determinati e la scelta effettuata in modo espresso di non tenere conto delle variazioni conseguenti all’esercizio della propria autonomia da parte dei comuni: cioè se un ente innalza le aliquote delle proprie entrate non riceverà una quantità minore del fondo. Altro elemento di grande rilievo è la previsione, anche in questo caso esplicita, per cui una quota del fondo, peraltro determinata in modo semplice ed eventualmente anche forfetizzata, dovrà essere destinata ai piccoli comuni che gestiscono le funzioni fondamentali in modo associato. Sempre nell’immediato si attribuiscono ai comuni nuove risorse provenienti dall’aumento delle entrate derivanti dal recupero di evasione sui tributi immobiliari: a cominciare da tutti i proventi conseguiti a seguito del-l’accatastamento degli immobili fantasma. Da sottolineare che il provvedimento attribuisce ai comuni un serie di strumenti conoscitivi ulteriori per potere svolgere questa attività, in particolare in termini di accesso alle banche dati statali.
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