Tanto più questo annuncio va valutato positivamente in quanto la nuova strategia delle privatizzazioni sembra centrata soprattutto sulla vendita degli asset che gli enti locali detengono nelle aziende di public utilities. È proprio il suggerimento che dava il Manifesto del Sole 24 Ore per la crescita. In questo modo la politica che punta a fare cassa con le privatizzazioni interseca – e speriamo acceleri – la politica già avviata da un paio di anni di apertura dei mercati dei servizi pubblici locali. Un obbligo per gli enti locali di cedere il 40% delle proprie aziende entro la fine di quest’anno era contenuto nella «legge Fitto» per alcuni settori (trasporti, rifiuti, ferrovie) e il Governo Monti ha accelerato e rafforzato questo percorso. Bisogna procedere su quella strada allargando ad altri settori l’obbligo di apertura dei mercati a nuovi soggetti.
Non solo la vendita delle aziende locali può contribuire all’abbattimento del debito, ma crea anche un meccanismo virtuoso che evita la creazione di debito pubblico futuro. Ancora: rompere i monopoli pubblici locali, introdurre iniezioni di concorrenza, far ripartire investimenti bloccati, rivitalizzare le economie locali con un innesto virtuoso di capitali e di capacità imprenditoriali private significa anche togliere le briglia all’impresa locale e promuovere la crescita. Il progressivo ritiro del settore pubblico dall’economia, soprattutto a livello locale, è una politica che garantisce al tempo stesso rigore dei bilanci pubblici e sviluppo.
Anche le dismissioni immobiliari possono produrre insieme rigore e sviluppo: richiedono, però, una determinazione ad affrontare in modo trasparente le questioni. Vanno evitati errori compiuti in passato con strutture opache che non sarebbero comprese dai mercati od operazioni in bilico fra vere e false privatizzazioni.
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