Nonostante gli sforzi profusi con la spending review, la spesa pubblica corrente al netto degli interessi è aumentata nell’ultimo anno di 340 milioni di euro, arrivando a toccare la quota di 691,2 miliardi di euro.
Alcune voci di spesa che la compongono sono in calo, ma non quella pensionistica/assistenziale che, al netto del bonus degli 80 euro introdotto dal Governo Renzi per una parte del 2014 e per l’intero 2015, è salita di 3,1 miliardi nell’ultimo anno.
Nell’analisi elaborata dell’Ufficio studi della CGIA si evince che tra il 2014 e il 2015, ad esempio, grazie alla riduzione del numero degli addetti e al blocco dei contratti dei dipendenti pubblici, la spesa per il personale è scesa di 1,8 miliardi di euro; i consumi intermedi sono aumentati di 267 milioni di euro; le altre uscite correnti si sono ridotte di 4,5 miliardi mentre le prestazioni sociali in natura, rappresentate quasi interamente dalla spesa e dall’assistenza sanitaria/farmaceutica, sono aumentate di 410 milioni di euro. Ma la voce che ha subito l’impennata più decisa è stata quella pensionistica/assistenziale: + 6,1 miliardi di euro.
Tenendo conto che in questo capitolo sono inclusi anche gli 80 euro erogati dal Governo ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, si deduce che tra il 2014 e il 2015, al netto dei 16 miliardi che è costato nell’ultimo biennio il bonus Renzi, la spesa pensionistica/assistenziale è passata da 320,3 a 323,4 miliardi di euro (+ 3,1 miliardi).
Se consideriamo che nell’ultimo anno la spesa per interessi è diminuita di 5,9 miliardi e quella in conto capitale è finalmente tornata a crescere di 6,4 miliardi, la spesa pubblica totale (data dalla somma di quella corrente che comprende gli interessi e di quella in conto capitale) è aumentata di 895 milioni di euro (+0,1 per cento); tuttavia, in rapporto al Pil, quest’ultima è scesa al 50,5 per cento (vedi Tab. 1).
“I dati riferiti al costo delle pensioni – commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – sono in parte condizionati dal trend demografico. Tuttavia, non possiamo disconoscere che le politiche di spesa realizzate negli ultimi quarant’anni abbiano privilegiato, in termini macroeconomici, il passato, ovverosia gli anziani, anziché il futuro, cioè i giovani. Purtroppo, ancora adesso scontiamo gli effetti di un sistema pensionistico che fino agli inizi degli anni ’90 è stato molto generoso, soprattutto nei confronti dei lavoratori del pubblico impiego e delle aziende di Stato. E’ altresì corretto segnalare che nella spesa pensionistica le statistiche internazionali riferite al nostro Paese includono anche l’assistenza: tuttavia, anche depurando l’importo complessivo da quest’ultima componente, la spesa totale si ridurrebbe di circa 2 punti, rimanendo comunque nei primissimi posti della graduatoria europea per i costi sostenuti in materia previdenziale”.
Nel 2014 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) la nostra spesa pubblica sul Pil (51,2 per cento) era superiore di 1,8 punti rispetto al dato medio dell’area euro (49,4 per cento). Rispetto alla Germania e alla Spagna, però, scontiamo un differenziale di quasi 7 punti, mentre nei confronti della Francia la nostra spesa è più contenuta di ben 6,3 punti. Tuttavia, se dalla uscite di tutti i paesi presi in esame in questa comparazione escludiamo la spesa pensionistica e gli interessi sul debito, l’Italia diventa inaspettatamente virtuosa. La spesa pubblica scende al 29,7 per cento del Pil, contro il 31,4 per cento della Germania, il 39,9 per cento della Francia e con una media dell’eurozona pari al 33,9 per cento (vedi Tab. 2). Come si evince dal grafico 2, negli ultimi 5 anni la crescita della spesa in Italia depurata dalle pensioni e dagli interessi rimane pressocché “piatta” e praticamente la più bassa tra i paesi presi in esame.
“Pur capendo le esigenze del sindacato – sottolinea il segretario della CGIA Renato Mason – invitiamo il Governo a riflettere bene prima di modificare la legge Fornero. Se è auspicabile un intervento che sani definitivamente la posizione degli esodati, agevolare l’uscita dal mercato del lavoro del personale più anziano potrebbe comportare un aumento della spesa pensionistica che in questo momento non possiamo permetterci. Con il pericolo, visto che la ripresa economica rimane ancora molto fragile, che le aziende non sostituiscano coloro che andranno in quiescenza”.
È altresì importante sottolineare che tra il 2000 e il 2015 solo in un anno (2009) il saldo primario (dato dalla differenza tra le entrate totali e la spesa pubblica totale al netto degli interessi sul debito pubblico) è stato negativo: ovvero la spesa primaria è stata superiore alle entrate. A ulteriore dimostrazione che in questi ultimi 15 anni l’Italia ha mantenuto l’impegno di risanare i propri conti pubblici. Purtroppo, come emerge dai visti in precedenza, i problemi che ci trasciniamo ancora oggi sono in gran parte riconducibili a una spesa pensionistica e a un debito pubblico che ci sono sfuggiti di mano almeno fino ai primi anni ’90.
(*) Include diverse tipologie di spesa tra cui rientrano, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria, gli acquisti di cancelleria, le spese energetiche e di esercizio dei mezzi di trasporto, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all’esterno ecc.
(**) Spesa per beni e servizi sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per le funzioni della protezione sociale e della sanità (ad esempio gli acquisti per la sanità come medicinali, farmaci, assistenza medica ecc.).
(***) All’interno delle prestazioni sociali in denaro, dal 2014 è stato computato anche il bonus di 80 euro; infatti, le misure statistiche non classificano il bonus di 80 euro come riduzione del peso fiscale ma come spesa sociale. In riferimento alle prestazioni sociali circa l’80% è dovuto alle pensioni mentre il 20% è dovuto alle altre forme di assistenza.
(****) Le altre uscite correnti riguardano contributi alla produzione, risorse proprie dell’UE, altre imposte indirette sulla produzione, trasferimenti correnti diversi a ISP, famiglie e imprese, aiuti internazionali, premi di assicurazione, imposte dirette.
(*****) Trasferimenti in conto capitale a famiglie, imprese e resto del mondo; acquisizioni meno cessioni di attività non finanziarie non prodotte; voce che può essere influenzata da operazioni di natura straordinaria o dall’applicazione di regole specifiche dei conti nazionali.
NOTE
La spesa pensionistica utilizzata per il confronto europeo è stata costruita a partire dalla base dati Eurostat “General government expenditure by function” aggiornata al 21 marzo 2016 e che recepisce le modifiche adottate dal nuovo sistema dei conti SEC 2010. In particolare, la spesa pensionistica è stata ottenuta come “proxy” sommando le due funzioni di spesa pubblica per la protezione sociale “old age” e “survivors”: queste funzioni comprendono la spesa per pensioni dirette IVS (ovvero le pensioni di anzianità, di vecchiaia e di invalidità) ed indirette IVS (ad es. la pensione che spetta al coniuge superstite e la pensione di reversibilità che spetta ai superstiti del pensionato), le erogazioni annuali da parte dei datori di lavoro in termine di TFR, alcune spese per servizi erogati a protezione della funzione di vecchiaia, le rendite infortunistiche indirette e le pensioni di guerra indirette; sono escluse, invece, le pensioni di invalidità con età inferiore a quella pensionabile e la quota di prepensionamenti che fanno invece capo alla funzione “disoccupazione” (anch’essa sottocategoria della spesa per la protezione sociale). Si fa presente di non aver utilizzato l’indicatore di Eurostat “Pension Expenditure” in quanto, come segnalato dalla Ragioneria Generale dello Stato (pubblicazione “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario”, Rapporto n. 15 giugno 2014), questo parametro include anche la spesa per pensioni non erogata da Amministrazioni pubbliche e che, pertanto, non può essere considerata come spesa pubblica. Per gli intessi sul debito si è fatto riferimento sempre alla banca dati Eurostat “General government expenditure by function” prendendo a riferimento la voce “Public debt transactions”.
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