I cittadini, se la Scia (segnalazione certificata di inizio attività che sostituirà la Dia, dichiarazione di inizio attività, ndr), come sembra, si applicherà anche al campo delle opere edilizie (ci sono dubbi interpretativi) si dovranno preparare a diventare «sentinelle» della città e dei propri interessi. Potrà accadere che il comune non abbia esperito alcuna verifica preventiva sulla regolarità di gran parte delle opere edilizie che essi vedranno realizzarsi. Dall’oggi al domani si potranno infatti aprire i cantieri edilizi con una semplice segnalazione certificata di inizio di attività (Scia), accompagnata appunto dalle dichiarazioni della regolarità delle opere realizzande, da parte del titolare e dei suoi tecnici. Ai vicini, che vedranno spuntare cantieri dall’oggi al domani, mancherà un quadro di riferimento attendibile, (qual era quello derivante dal possibile esame preventivo da parte del comune) per valutare se le opere sono o meno legittime e se ledono illegittimamente i suoi diritti ed interessi legittimi, ledendo nel contempo gli interessi della collettività. I comuni hanno 30 giorni di tempo per verificare la presenza dei requisiti ed eventualmente contestare: dopo di che la contestazione non sarà possibile, se non per gravi motivi. Intanto in quei 30 giorni le opere proseguono e l’amministrazione pubblica deve correr dietro a ciò che vien realizzato dagli operatori. La logica: poiché i controlli tecnici sono difficoltosi e lunghi se compiuti prima delle opere, tanto vale farli dopo ed eventualmente intervenire per fermare le opere stesse. Peccato che gli interventi edilizi sovente diano luogo, per un motivo o per l’altro, a compromissioni di fatto irreversibili; e che comunque per l’amministrazione pubblica è più difficile intervenire ex post, cioè a lavori iniziati e cantieri aperti. Inoltre, dal punto di vista procedimentale, non è la stessa cosa esaminare il progetto ex ante piuttosto che a posteriori. In quest’ultimo caso significa non avere la possibilità di verificare lo stato di fatto iniziale che pure deve risultare da apposita tavola progettuale depositata in comune. E lo stato di fatto iniziale dev’essere considerato non solo ai fini della regolarità originaria delle preesistenze ( fatto superabile perchè quel che conta in sostanza è che lo stato finale delle opere risulti conforme alle previsioni e prescrizioni vigenti al momento dell’esecuzione delle stesse), ma anche ai fini della consistenza del manufatto edilizio, ai fini dell’accertamento dei diritti quesiti. Come si farà a stabilire che quanto dichiarato dal progettista a tal proposito corrisponde al vero quando ad esempio il cantiere è aperto da un mese o più ? Quando il comune dovesse poi intervenire repressivamente, immaginiamo che piacere potrà fare, non solo al vicino interessato, ma alla stessa comunità civica, il trovarsi davanti, magari per anni, un cantiere bloccato in attesa che si dirimano le questioni aperte. Il cittadino deve poter dormire sonni tranquilli nella consapevolezza che la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi è compiuta debitamente dalla pubblica amministrazione, momento per momento e non con il «dopo si vedrà «Se c’è il dubbio che l’amministrazione non abbia controllato ancora, nascono tensioni, attriti, sospetti. Non è il clima di cui ha bisogno la nostra comunità sociale».
Cantieri, senza i controlli i cittadini fanno le sentinelle
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