Berlusconi apre e subito chiude la porta alle regioni. Domani incontrerà i governatori a Palazzo Chigi, ma con Tremonti fa sapere: i saldi sono «intangibili», nei bilanci locali c’è spazio per ridurre le spese senza tagliare sui ministeri. La sanità è il grande rebus da affrontare di petto, rincara il premier, col federalismo fiscale e i costi standard. Parole, quelle dettate ieri da Berlusconi e Tremonti in un comunicato congiunto, che gelano i governatori: la convocazione è solo «il primo passo utile», rispondono, dimostreremo i veri dati. E confermano che, se la manovra non cambia, restituiranno le deleghe. Oggi forse i governatori non andranno alla conferenza unificata col governo, lo faranno solo dopo l’incontro col premier. Precisando: devono esserci pure gli enti locali. La manovra 2011-2013 resta un rompicapo. Come dimostra la decisione di ieri del Senato di far slittare ancora l’approdo in aula a martedì 13 e di spostare a giovedì 15 il voto finale con fiducia poi annessa anche alla Camera. Scelta stigmatizzata dall’opposizione («manette alla maggioranza, atto incommentabile» dice Bersani). Giornate di fuoco verso il maxiemendamento del governo con altre poste che ballano. Non però quelle per le regioni, è l’altolà di Berlusconi e Tremonti che hanno voluto dare un segnale di unità d’intenti. Il tutto in una nuova giornata di fuoco, dopo che i governatori in mattinata annunciavano con gli enti locali: se non ci sarà il premier non ci sarà conferenza unificata. E confermavano la volontà di restituire le deleghe sul decentramento amministrativo senza ritocchi alla manovra che spostino tagli oggi a loro carico per 8,5 miliardi. Tesi condivisa da tutti, con i leghisti più defilati anche sull’emendamento votato al Senato che premia le regioni “virtuose”. «Formigoni non può non condividere», commentava maliziosamente Roberto Cota (Piemonte). Nel pomeriggio la scena si spostava a palazzo Grazioli, dove a una riunione di partito giungevano i governatori Pdl delle regioni con i conti sanitari sotto tutela (Calabria, Lazio e Campania), poi brevemente Roberto Formigoni. Incontro «disdicevole» per il leader Pd, Pierluigi Bersani, che si sarebbe incentrato solo in un confronto delle tre regioni con i conti in rosso con Tremonti e i capigruppo di Camera e Senato per cercare soluzioni al nodo-sanità ( si veda intervista accanto). «La situazione per le regioni non è cambiata» dopo il vertice Pdl, commentava però scetticamente il solo Formigoni. Ecco così poi a metà pomeriggio il comunicato di Berlusconi e Tremonti per annunciare la convocazione delle regioni, ma non anche (o ancora) degli enti locali. E per precisare subito: «I saldi della manovra erano, sono e saranno intangibili». Di più: spostare gli equilibri della manovra è «impraticabile », le regioni devono ricordare che su 170 miliardi di spesa di loro competenza, la manovra impatta del 3% circa sulle loro casse. Spazi di riduzione o spostamento dei tagli non ci sono, anzi, per le regioni sono «possibili economie di bilancio». Affrontando una volta per tutte il «dissesto ormai esteso a una vasta parte del paese » della spesa sanitaria. Ma anche cogliendo le opportunità dell’inventario dei fondi disponibili per interventi speciali e del federalismo fiscale e dei costi standard, da varare entro fine anno. Poi si discuta pure, concludono Berlusconi e Tremonti, «sull’applicazione della parte pattizia della manovra». Un riferimento forse anche all’emendamento che nei tagli premierebbe le regioni “virtuose”. Ma che piace forse solo ai leghisti. Ora i governatori preparano le carte, pronti a contestare tutte le cifre diffuse da palazzo Chigi. Ieri si sono limitati a dire: «I vostri sono dati non condivisi né condivisibili». Domani si vedrà.
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