MILANO – La Cassazione liberalizza l’uso dei laser per la rilevazione della velocità da parte delle pattuglie: l’autovelox «direttamente gestito» dalla forza di polizia operante può infatti essere piazzato in qualsiasi punto di qualsiasi strada, a prescindere quindi dalle aree individuate e previste dai decreti prefettizi. La contestazione dell’infrazione, inoltre, può non essere contestuale alla violazione del limite di velocità. La seconda sezione civile, con la sentenza 21091/10 depositata ieri, ha riconfermato l’orientamento “estensivo” nella prevenzione dei rischi da eccesso di velocità, ribadendo l’interpretazione di due precedenti del 2008 (sentenze 346 e 17905). I giudici di legittimità hanno cassato una decisione del Tribunale di Locri, che considerava viziato l’uso del telelaser su un tratto di strada statale ritenendo «l’uso di tali apparecchiature elettroniche (…) consentito soltanto nei tratti stradali inseriti nei decreti prefettizi» regolati dall’articolo 4 del decreto legge 121/2002. Si tratta però, argomentano i magistrati della Seconda civile, di una lettura sbagliata delle norme di riferimento, i commi f) ed e) dell’articolo 201, comma 1 bis, del Codice della strada: nel primo caso la caratteristica delle apparecchiature («direttamente gestite dalla forza di polizia operante») lascia molta più libertà sia nelle modalità di contestazione (che possono non essere immediate) sia soprattutto nella collocazione, che – a differenza di quelle fisse «a distanza» – è vincolata alle decisioni e alle prescrizioni del prefetto. Con questa decisione la seconda sezione torna – per l’ennesima volta – anche sulla questione dell’omologazione delle apparecchiature destinate all’accertamento delle infrazioni stradali. Il tribunale di Locri aveva ritenuto non rispettata la legge solo perchè l’apparecchio utilizzato dalla pattuglia della polizia municipale di Stignano non risultava omologato singolarmente. Invece, argomenta il relatore De Chiara «l’omologazione si riferisce al tipo di apparecchiatura (…) non invece a ciascun esemplare di essa, per cui la certificazione richiesta dal tribunale non era necessaria». Verso questa soluzione, secondo cui «solo le singole apparecchiature ma non ciascun esemplare devono essere approvate dal ministero dei Lavori pubblici» depone la lettura della norma (articolo 345 del Dpr 495/1992) confortata tra le altre dalla sentenza 2933/2008 della stessa Cassazione. A carico dell’automobilista sanzionato, oltre agli effetti della multa, sono state poste anche tutte le spese processuali dei tre gradi di giudizio, quantificate in 1.650 euro.
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