Autonomia differenziata: opportunità o discriminazione?

Il Consiglio dei ministri ha dato ieri il primo via libera al disegno di legge sull’autonomia differenziata promosso dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli

Sole 24 Ore
3 Febbraio 2023
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Dal Sole 24 Ore – In collaborazione con Mimesi s.r.l

A seguito dell’approvazione del disegno di legge è esploso il dibattito tra i sostenitori dell’autonomia differenziata, in favore di una maggiore efficienza, e coloro che si dichiarano contrari, temendo di fatto l’ampliamento del divario tra le Regioni settentrionali e quelle meridionali. Il punto principale sul quale si basa il confronto fa riferimento ai livelli essenziali o Lep, ovvero gli standard minimi di servizio da assicurare che diventano il presupposto indispensabile al trasferimento delle funzioni alle regioni.

Il dibattito sull’autonomia differenziata
A livello pratico però, non è possibile conoscere quali saranno gli effetti concreti poiché il fulcro della questione gira intorno alla modalità con la quale saranno calcolati i Lep e pertanto non è possibile trasferire al momento la piena autonomia sulle “materie riferibili ai diritti civili e sociali” come l’istruzione. L’unica possibilità concreta per conoscere i Lep, stando a quanto scritto nell’articolo 4, presuppone un aumento della spesa pubblica, a fronte di nuovi tagli, andando di fatto a contrapporsi all’articolo 8 secondo il quale “dall’applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Autonomia differenziata: che cosa è?
La proposta di autonomia differenziata prevede la piena applicazione dell’articolo 117 della Costituzione, tale per cui le regioni, a seguito della riforma del Titolo V avvenuta nel 2001, possono intervenire su determinate materie che in passato erano di competenza esclusiva dello Stato. Gli argomenti, sui quali le regioni possono già adoperarsi, sono specificati nell’articolo 117, ma vi sono anche temi legati alla sicurezza sul lavoro o la ricerca a supporto dei settori produttivi, e materie come l’istruzione, che a causa dell’ampia spesa annua per un valore di 52,2 miliardi, risultano essere campi oggetto di possibili “forme e condizioni particolari di autonomia”, per le quali è necessario stipulare un accordo governo-regione.
Attraverso l’autonomia differenziata, le regioni che lo vorranno, dovranno concordare con il governo quali materie saranno trasferite a completa gestione regionale. Al momento sono solo 4 le regioni (Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana) ad aver fatto richiesta, ma nessuna proposta di accordo avanzata è stata accolta favorevolmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

* Sintesi dell’articolo a firma di Gianni Trovati pubblicato sul Sole 24 Ore del 3 febbraio 2023.

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