ROMA – Nuovo braccio di ferro nel governo sull’autorità per l’acqua. Ieri mattina un emendamento predisposto dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, era pronto per entrare nel decreto legge omnibus in discussione nell’aula del Senato. L’articolo prevedeva un rafforzamento del Conviri, l’attuale commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, collocata funzionalmente all’interno del ministero dell’Ambiente. A questa posizione si opponeva il ministro delle Regioni, Raffaele Fitto, padre della riforma sui servizi pubblici locali varata dal governo Berlusconi e sostenitore di un’autorità indipendente, estendendo all’attuale autorità per l’energia e il gas i compiti di regolazione del settore idrico, a partire dalla determinazione della tariffa. Alla fine non se ne è fatto nulla e la decisione, che doveva anche depotenziare i due referendum sull’acqua, viene rinviata. Ma la vera novità di ieri sta in una robusta presa di posizione di Federutility, l’associazione che rappresenta il 95% delle aziende dei servizi idrici, che si è schierata con Fitto per una “autorità indipendente e autonoma” e al tempo stesso ha chiesto al governo di varare una norma che eviti il referendum. «Chiediamoci seriamente ? ha detto il presidente Roberto Bazzano ? se non sia il caso di evitare un referendum che ha sempre più un taglio puramente ideologico e che tratta l’acqua e il legittimo impedimento allo stesso modo. Risultati positivi del referendum comporterebbero tempi lunghissimi di riassetto normativo, annullando anche le parti positive del percorso degli ultimi 20 anni». Federutility chiede anche «l’avvio da subito di un piano nazionale per l’acqua», sostenendo che la risorsa idrica non è meno importante del nucleare e dell’energia. Le due questioni poste dai referendari riguardano l’intera riforma dei servizi pubblici locali e la tariffa idrica. Se il primo quesito venisse accolto, l’intera disciplina degli affidamenti delle gestioni idriche verrebbe stravolta e si tornerebbe di fatto al regime dell’in house che ha dominato questo e gli altri settori dei servizi locali, con il predominio delle aziende pubbliche e la cancellazione di qualunque forma di concorrenza e gara per aggiudicarsi il mercato. Ancora più insidioso il secondo quesito che smonterebbe l’intero assetto della gestione industriale delle risorse idriche, tornando alla tariffa amministrata che copre solo parte dei costi e richiede un pesante intervento pubblico (irrealistico oggi) nel finanziamento degli investimenti.
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