Il verde pubblico, la manutenzione delle strade, i servizi ai disabili, gli affitti delle case e perfino la macellazione della carne: a Roma non c’è praticamente nulla che non sia stato gestito in modo illegale. Niente che ricordi pallidamente la decenza alla quale una città (prima ancora che una capitale) civile dovrebbe garantire ai propri cittadini. La fotografia della città eterna affogata nel malcostume della corruzione è nel rapporto dell’Autorità guidata da Raffaele Cantone (approvato con delibera n. 207/2016). L’indagine dell’ANAC sulla gestione del comune capitolino dal 2012 al 2014 così sintetizza: “Rivelata la sistematica e diffusa violazione delle norme e il ricorso generalizzato e indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica, con il conseguente incremento di possibili fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive”. In sostanza, non esiste un solo capitolo in cui il grande comune, gestito prima da Alemanno e poi da Marino, abbia rispettato le regole della buona amministrazione. Nemmeno per l’acquisto di nuovi software e per la gestione dei canili.
Il rapporto ANAC, che conferma le indagini della procura di Roma su Mafia Capitale, è stato inviato sia alla procura sia alla Corte dei conti. A nulla sono valsi i tentativi del comune di dimostrare che è in regola. Nell’analisi di Cantone spicca il ricorso indiscriminato alla cosiddetta “procedura negoziata”, il contrario di una gara pubblica a cui tutti possono partecipare. A Roma si invitano solo alcune aziende e con quelle si “negozia” l’appalto. Il tutto senza giustificazione: ci sono “carenza o difetto di motivazione dei presupposti” per ricorrere a questo tipo di procedura, scrive Cantone. Non solo: a Roma gli appalti vengono affidati sempre allo stesso soggetto; ci sono le “proroghe” altrettanto ingiustificate; l’improprio “frazionamento degli appalti” e le “varianti ingiustificate”. Le aziende sono sempre le stesse e perfino prive di requisiti.
L’ANAC ha poi rilevato, con sorpresa, che nel Comune di Roma ogni dipartimento ha sistemi informativi differenti, quindi non comunicano tra loro. Se a questo aggiungiamo che l’Ufficio contratti possiede un sistema centralizzato solo per le gare a evidenza pubblica è facile immaginare in quali rivoli nascosti scivolino tutte le altre.
L’analisi dell’ANAC non risparmia ovviamente le Coop, al centro dello scandalo Mafia Capitale. È incredibile come, sempre nel biennio 2012-2014, la Capitale abbia riscoperto la causa sociale, con grande impegno manco a dirlo di danaro. Un triennio straordinario per le cooperative, un vero e proprio boom. Scrive Cantone: nel triennio “c’è stato un esorbitante numero di affidamenti di cospicuo valore economico avvenuti in gran parte in forma diretta, a conferma del mancato rispetto dei principi basilari di concorrenza, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità”.
Mancano ora un paio di capitoli da approfondire meglio. L’occhio di Cantone si sposterà presto sulla gestione dei canili di Roma. La mano dell’ANAC si appoggerà sulle teste dei “soliti” addetti alla (s)manutenzione stradale. Non risparmierà il mondo della macellazione delle carni e della relativa conservazione a freddo: anche in questo caso, da anni le imprese sono sempre le stesse.
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