Appalti pubblici a tutto gas. Ma l’esecuzione dei lavori si muove con il freno tirato, a causa dei ritardi nei pagamenti delle fatture. La forte contrazione del Pil registrata in Italia nel 2009 (-5%) è stata limitata dall’aumento nel numero e nell’importo degli appalti pubblici, sia nella forma di lavori, che di servizi o forniture. Lo scorso anno, infatti, le risorse pubbliche mobilitate dallo stato per la gestione ordinaria e straordinaria del paese hanno fatto registrare un aumento significativo (+4,8%), arrivando a sfiorare gli 80 miliardi di euro (79,4 per l’esattezza) a fronte dei 76 miliardi messi in campo nei dodici mesi precedenti. Una bella iniezione di liquidità a cui ha fatto da contrappeso, tuttavia, la lentezza di esecuzione degli appalti assegnati. La fotografia è stata scattata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp) che all’interno della relazione 2009 presentata al parlamento ha sottolineato le criticità del sistema Italia. «Analizzando l’efficienza temporale si vede che nel 73% dei casi i lavori sono ultimati in ritardo e che il ritardo medio si aggira attorno al 78% della durata del contratto», hanno spiegato gli esperi dell’Avcp. Al di là dei dati di sintesi, l’analisi condotta dall’Authority ha mostrato differenze consistenti a livello di ente appaltante. Nel caso dei comuni, lo scorso anno l’8% dei lavori effettuati sono stati conclusi in tempi inferiori a quelli stimati. Percentuale che sale addirittura al 16% per le province, fino ad arrivare al 18% per gli altri enti dello stato. Ma si tratta, di un virtuosismo ben poco diffuso. Lo spaccato elaborato dall’Avcp mette infatti in risalto una situazione meno edificante all’interno della penisola. Su 46.865 lavori appaltati dai comuni nel 2009, il 53% è stato concluso con un ritardo massimo di tre mesi. Nel 3,3% dei casi la consegna dei lavori è avvenuta addirittura con sei mesi di ritardo, che sale addirittura fino a un anno in 605 casi, pari all’1,3% del totale. Questa condizione non rappresenta un caso isolato nel panorama italiano. Nel caso delle province, per esempio, lo scorso anno sono stati consegnati con un ritardo di 90 giorni ben 3.660 lavori, pari al 43% del totale appaltato. Percentuale che sale al 49% nel caso delle comunità montane fino ad arrivare all’87% per le unioni di comuni. Ritardi compresi fra tre e sei mesi, invece, per il 5% dei lavori appaltati dagli enti per l’edilizia residenziale pubblica, ultimi della classe anche nella classifica degli enti che hanno registrato la maggiore percentuale di ritardi superiori ai 12 mesi. Ma quali sono le ragioni di questi ritardi? In base all’analisi condotta dall’Authority, in cima alla lista ci sarebbe il problema dei ritardi nei pagamenti delle fatture da parte dei committenti. «In un momento di marcato rallentamento del ciclo economico come quello attuale, i ritardati pagamenti rappresentano una problematica che necessita di un’adeguata attenzione, soprattutto in considerazione delle pesanti implicazioni che la stessa determina sia sull’equilibrio finanziario, e quindi sullo sviluppo delle imprese, che sulla concorrenza nel mercato», hanno avvertito gli ispettori dipingendo una situazione quantomai allarmante per le aziende impegnate nella fornitura di servizi o lavori alla pubblica amministrazione. Ebbene, nel corso del 2009 i tempi medi di pagamento da parte dello stato sono oscillati tra un minimo di 92 giorni e un massimo di 664 giorni creando in questo modo un incentivo piuttosto limitato alle imprese appaltatrici a terminare i lavori in tempo con quanto preventivato. Tra le ragioni dei ritardi dei pagamenti da parte della p.a., ci sarebbe il ritardo nell’emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) da parte degli enti appaltanti e, più in generale, le lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5 %).
Appalti, consegne oltre i limiti
Dati dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici: il 73% dei lavori ultimati dopo i termini
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