Dovrebbero dare un contributo determinante alla lotta contro l’evasione fiscale. Per il momento, invece, l’incisività dei comuni su questo versante è praticamente impalpabile. Finora hanno fatto pervenire all’Agenzia delle entrate soltanto 11 mila segnalazioni, per un accertamento complessivo di 19 milioni di euro. Briciole, in effetti, se solo si considera quanto il governo, almeno a livello normativo, abbia investito sul coinvolgimento dei municipi nell’azione di contrasto ai furbetti del fisco. Ma le note dolenti, per i sindaci, arrivano anche dal catasto. Secondo l’amministrazione finanziaria, infatti, solo lo 0,29 per mille delle unità immobiliari pubblicate sul portale dell’Agenzia del territorio ha visto un adeguamento della rendita catastale a seguito di segnalazioni di incoerenza da parte dei comuni. Quella di ieri non è certo stata una gran giornata per gli enti locali, la cui immagine è uscita piuttosto ammaccata da un convegno organizzato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria. Il presidente dell’organismo, Maurizio Leo, che è anche assessore al bilancio del comune di Roma, ha subito dato la traccia. «Oggi gli enti locali non hanno strutture per l’accertamento», ha spiegato, «e non hanno familiarità con uffici dedicati a questo scopo, se si escludono solo le grandi realtà come Roma, Napoli o Torino». Per questo motivo, secondo Leo, gli enti locali adesso sono chiamati a concentrarsi su una stagione di grandi sforzi, a cominciare dall’organizzazione di banche dati efficienti e possibilmente interoperabili. Il deficit di organizzazione comunale, però, è emerso anche dall’intervento del direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, che ha illustrato quelle che al momento sono le cifre del contributo dato dai municipi alla lotta contro l’evasione fiscale. Solo «11 mila segnalazioni e 19 milioni di euro accertati», ha spiegato Befera, annunciando la pubblicazione, a breve, del «decreto per l’attribuzione agli enti locali dei quattrini» prodotti dall’azione di contrasto. Non c’è dubbio, però, che il dato numerico fornito da Befera sia davvero modesto, soprattutto se si considera quanto il governo abbia scommesso sul coinvolgimento dei sindaci nella sfida antievasione, così come certificato da una norma inserita nella Finanziaria triennale del 2008. Senza contare che già nel 2005 il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, aveva portato avanti l’idea, poi ripresa, di assegnare ai sindaci il 30% degli incassi derivanti dal contributo dato sul territorio alla guerra contro gli evasori. Successivamente la quota è stata aumentata al 33%. La situazione, in realtà, non è claudicante ovunque. A margine, infatti, l’Agenzia delle entrate ha fatto sapere che le segnalazioni sono cospicue in alcune regioni, in primis l’Emilia Romagna. Ma questo non fa altro che dimostrare l’ulteriore ritardo delle altre zone del paese. E fa sorgere un problema di impostazione di fondo, ovvero fino a che punto i sindaci hanno vero interesse a far pagare le tasse ai loro cittadini-elettori. A ogni buon conto dopo la firma del protocollo, circa un anno fa, l’Agenzia delle entrate ancora adesso sta perfezionando i corsi di formazione dei funzionari municipali. Un’altra prova del gap da colmare. Sul fronte redditometro il numero uno dell’Agenzia delle entrate ha annunciato che l’Agenzia delle entrate convocherà a breve le categorie per presentare il nuovo redditometro. «Tutti gli elementi di spesa sintomatici della capacità contributiva attribuibili a ciascun codice fiscale» ha spiegato Befera, «andranno presto ad alimentare una base-dati unitaria, funzionale a uno specifico software di supporto all’accertamento sintetico». Dal canto loro i comuni si sono difesi ricordando che la loro attività in tal senso è iniziata da poco tempo. «Al di là dei numeri», ha risposto Andrea Ferri dell’Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale, «c’è stata una crescita delle segnalazioni, se si considera che siamo partiti a fine 2009-inizio 2010, perché non erano pronti gli strumenti telematici. Il problema», ha aggiunto, «è che c’è un impasto di confusione: prima di tutto la funzione di accertamento va messa nella Carta delle autonomie. Poi l’aumento della quota di partecipazione dei comuni al 33% è importante, ma è altrettanto importante che il decreto di attuazione veda rapidamente la luce». Lo scarso contributo dei comuni, però, è stato denunciato anche sul fronte catastale dall’Agenzia del territorio. Il direttore, Gabriella Alemanno, ha spiegato che «solo lo 0,29 per mille delle unità immobiliari oggetto di pubblicazione sul portale dell’Agenzia, oltre 4 milioni in tutto, è stato oggetto di variazione della rendita catastale in seguito a segnalazioni di incoerenza da parte dei comuni». Un «ritorno abbastanza modesto», ha aggiunto la Alemanno, chiedendo una maggiore collaborazione ai municipi. Infine due ultime considerazioni, su redditometro e rispetto della privacy. Sul primo fronte Befera ha spiegato che lo strumento è quasi pronto, sottoposto agli ultimi ritocchi per renderlo «tecnicamente inattaccabile». Sul secondo, il garante dei dati personali, Francesco Pizzetti, ha messo in guardia, «anche in vista del federalismo», dall’ulteriore «moltiplicazione delle banche dati», giudicate «fin troppe». Piuttosto servirebbe un salto di qualità e sciogliere alcuni equivoci: per esempio la partecipazione dei comuni alla lotta all’evasione vale solo per i tributi di loro competenza o per qualunque tipo di evasione?».
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