ROMA – Troppi e spesso percepiti dalle aziende come un inefficace doppione. Gli incentivi per il sistema industriale sono un vecchio cruccio italiano, almeno dai tempi della legge 488 si cercano nuove soluzioni ma la quadratura del cerchio sembra non ci sia mai stata. Ora probabilmente si proverà a rimettere mano al delicatissimo dossier con il piano Sud che in autunno il governo dovrebbe finalmente sdoganare. Infatti proprio nelle linee guida per il Mezzogiorno, alle quali lavora in prima battuta il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto con la “supervisione” di Giulio Tremonti, dovrebbe finire la riforma alla quale si lavora almeno da inizio anno e che ha subito diversi slittamenti. Già durante la gestione di Claudio Scajola al ministero dello Sviluppo economico era stata prodotta una bozza di lavoro che sfrondava la giungla degli incentivi creando un fondo unico (si veda Il Sole 24 Ore del 9 marzo). Poi le burrascose dimissioni dell’ex uomo di punta del Pdl hanno raffreddato tutto, il dicastero di via Veneto si è visto sottrarre competenze a vantaggio di altri ministri e la riforma ha mancato la scadenza decisiva del 15 agosto. Entro questa data infatti, secondo quanto stabilito dalla legge sviluppo del 2009, il governo avrebbe dovuto esercitare la delega per riformare completamente il sistema degli aiuti alle imprese, con particolare attenzione al Mezzogiorno. Solo in extremis si è disposta una proroga di sei mesi, contenuta nella legge 129 del 13 agosto (pubblicata in Gazzetta ufficiale il 18 agosto). Ora il tema torna in agenda. Il ministro Fitto, che sta definendo il piano Sud, considera prioritaria l’abrogazione di strumenti vecchi o inattivi a favore di una razionalizzazione che dovrebbe puntare su pochi interventi. Il sistema delle imprese, dal canto suo, sponsorizza da tempo un riassetto che punti su un maggiore ricorso agli strumenti automatici, come il credito d’imposta, e passi per un grande accordo con le regioni sulla falsariga di quello che fu firmato per gli ammortizzatori in deroga. Dal ministro per gli Affari regionali, va detto, in base al decreto della presidenza del consiglio del 10 giugno scorso dipende funzionalmente il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del ministero dello Sviluppo, ma non la direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali. Un emendamento alla manovra, poi saltato, prevedeva di estendere anche a quest’ultima direzione la sfera di competenza di Fitto e quest’opzione, a quanto trapela, sarebbe ancora considerata. Per il resto ovviamente il piano Sud, quando uscirà dal cassetto in cui è stato relegato ormai da inizio anno, punterà a far convergere fondi Fas ed europei su poche selezionate infrastrutture strategiche. Una decina, secondo le prime indicazioni emerse: a cominciare dal ponte sullo Stretto, il completamento del finanziamento della SalernoReggio Calabria, la statale 106 Jonica, l’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari.
Anche la riforma degli incentivi nel piano per il Sud
Mezzogiorno. Il dossier all’attenzione di Fitto
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