La Cassa depositi e prestiti ha lanciato un nuovo programma di rinegoziazione dei prestiti agli enti locali (circolare n. 1278). Ne possono usufruire tutti gli enti locali che abbiano in essere un finanziamento a tasso fisso con la Cdp, con scadenza non precedente al 31 dicembre 2013 e per importi residui superiori a 5mila euro. Per i prestiti che possiedono tali caratteristiche, il tasso applicabile rimarrà quello fisso e l’ammortamento potrà essere spalmato in 10, 15, 20, 25 o 30 anni, a partire dal 1° gennaio 2011. I tassi che la Cdp praticherà saranno determinati e comunicati agli enti, però, solo al momento della richiesta di adesione al l’operazione, dato che le condizioni saranno riviste settimanalmente. Si potrà aderire alla rinegoziazione solo facendone richiesta fino al 19 novembre 2010 (salvo proroghe) tramite procedura elettronica. L’operazione è di interesse per tutti quegli enti che intendessero approfittare delle attuali condizioni di bassi tassi sul mercato per attuare una riduzione del costo del debito e distribuire nel tempo il peso del loro indebitamento. Requisito fondamentale per accedere alla rinegoziazione è che gli enti richiedenti abbiano una posizione debitoria in linea con quanto previsto dall’articolo 204 del Tuel. Questo implica che potranno rinegoziare i propri prestiti solo se l’importo annuale degli interessi, sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, delle aperture di credito stipulate e a quello derivante dalle garanzie prestate non superi il 15% delle entrate relative ai primi tre titoli del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista la conclusione dell’operazione. La circolare solleva alcuni dubbi operativi. In particolare, nel caso di accesso alla rinegoziazione con la Cdp, gli enti potranno ristrutturare anche la loro posizione in derivati, poiché la normativa attuale consente (impone) di ristrutturare i derivati in presenza di una modifica delle condizioni del mutuo sottostante. Laddove la ristrutturazione del derivato (resa necessaria dalla rinegoziazione del mutuo) comporti dei costi tali da vanificare la convenienza della rinegoziazione stessa, non è chiaro come dovranno comportarsi gli enti interessati né quale sarà l’orientamento che seguirà la Cdp. Al riguardo la Cdp non richiama dei precisi criteri ai quali gli enti possono fare riferimento per stabilire la convenienza economica della rinegoziazione dei mutui. Resta, poi, incerto se la convenienza economica della rinegoziazione dovrà essere valutata anche alla luce dell’articolo 41 della legge 448/2001, che fissa il criterio della riduzione delle passività finanziarie per stabilire se una rinegoziazione sia conveniente. La Cdp ha previsto incontri con enti e amministratori locali per dare maggiori informazioni ed è probabile si potranno sciogliere i dubbi residui.
Ammortamento di 30 anni per rinegoziare i debiti
Cassa depositi e prestiti – Programma al via da gennaio
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