Non si trova un politico, un osservatore, un sondaggista, che azzardi una previsione concreta sulle amministrative di maggio. Una premessa: come regolarmente capita, nelle regioni a statuto speciale si andrà alle urne in giornate diverse rispetto al resto d’Italia. Sembra ormai assodato che siciliani, sardi ecc. lo facciano apposta, come per rivendicare l’andare in ogni vicenda per conto proprio rispetto al resto di un’Italia che considerano un puro nome geografico (e soprattutto un bancomat da usare in continuazione). Raffaele Lombardo ha perfino sottolineato di auspicare una coincidenza del voto locale siciliano con i referendum nazionali. Anche in Sardegna si è già provveduto a legiferare per la potenziale sincronicità con i referendum. Se nessuno ancora si esprime sui possibili risultati amministrativi, vi sono ottime ragioni. Non sono certi ovunque i candidati, e si sa quanto i nomi degli aspiranti sindaci (molto meno i pretendenti alle presidenze provinciali) abbiano rilevanza. Quanto alle alleanze, finora è emersa una forte divisione, sia per la presenza del Terzo polo (a sua volta qua e là diviso, e perfino rissoso), sia per le divaricazioni tra Pdl e Lega, sia per i conflitti a sinistra. Inoltre, paiono estendersi le liste civiche di appoggio ai partiti maggiori. Se le premesse si confermeranno, ci si avvia a un incremento dei ballottaggi. Il Pdl ha predisposto un quadro, un po’ ottimistico, dei possibili esiti elettorali, ma nella larga maggioranza dei casi prevale l’incertezza sulla vittoria finale. Un solo fatto pare certo: il centro-destra guadagnerà. Attenzione: non perché sia in crescendo, trionfante, solido, bensì per una banale considerazione. Le amministrazioni uscenti sono state per lo più elette in un momento di tracollo, cioè nel 2006. I numeri sono chiari: i partiti di governo amministrano ora solo 4 delle 11 province alle urne, 10 capoluoghi su 30 e 53 comuni maggiori su 116. Quindi, come regolarmente avvenuto negli ultimi anni, il centro-destra non potrà che portare a casa qualche provincia e qualche comune in più. Non sarà consolante per la maggioranza, ma di fatto essa parte da una condizione che difficilmente potrebbe essere peggiore. Per male che vada, non potrà restare nelle condizioni attuali. Attenzione, però: l’ultimo turno provinciale, incentrato l’anno scorso sulle otto province sarde, è stato un baratro di sconfitte, e pesanti.
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