ROMA – L’hanno chiamata, eufemisticamente, “Legge di stabilità”. Ma, almeno per quanto riguarda l’ambiente, bisognerebbe ribattezzarla legge di instabilità. O meglio, di destabilizzazione del suolo, del territorio, delle aree protette, insomma di quell’immenso patrimonio naturale su cui pure si fonda la maggiore industria nazionale: quella del turismo. Sono tali e tanti i tagli in questo campo da prefigurare addirittura lo smantellamento o la liquidazione del ministero che è o dovrebbe essere istituzionalmente preposto – appunto – all’Ambiente e alla Tutela del territorio e del mare.
Le cifre contenute nella cosiddetta “Legge di stabilità” (ex Finanziaria), predisposta dal governo Berlusconi, parlano chiaro. Nel 2011, come denuncia un Rapporto del Wwf Italia, il bilancio complessivo del ministero affidato a Stefania Prestigiacomo sarà ridotto a un terzo di quello del 2008, anno d’insediamento del governo Berlusconi: da un miliardo e 649 milioni di euro ad appena 513 milioni. Una decurtazione secca di un miliardo. E nel triennio successivo, lo stanziamento verrà ridotto ulteriormente per scendere a 504 milioni nel 2012 e poi a 498 milioni nel 2013.
Il taglio risulta ancora più netto e allarmante se confrontato con quelli molto meno drastici a carico di ministeri affini come i Beni culturali o le Politiche agricole. Nel primo caso, la dotazione del 2011 sarà di circa 1.320 milioni di euro contro i 1.930 del 2008. Nell’altro, si scenderà dai 1.747 milioni di tre anni fa a 1.320. Per entrambi, dunque, la riduzione sarà di circa il 20% contro il 60% del ministero dell’Ambiente, condannato virtualmente all’agonia. La scure del ministro Tremonti, come si vede, non è diretta a colpire in ugual misura i vari ministeri, in forza della crisi economica.
Un’ulteriore conferma viene dal raffronto con i fondi stanziati per le Infrastrutture e i Traporti e per le spese della Difesa. Qui l’atteggiamento propagandistico del governo risulta tanto più evidente, perché gli investimenti per le opere pubbliche non risultano sufficienti per tutti i progetti annunciati, ma neppure rispetto ai costi reali di quelli già cantierati o dichiarati cantierabili. A fronte comunque di un bilancio pari a 6.991 milioni di euro nel 2010, l’anno prossimo si prevede una leggera flessione a 6.821 milioni, per arrivare a 6.654 milioni nel 2012 e a 6.640 nel 2013.
In pratica, l’unico ministero che non subisce tagli consistenti è quello della Difesa: dal 2007 in avanti, il suo bilancio registra una riduzione massima intorno al 4%, peraltro recuperata interamente con il bilancio previsionale 2011-2013 dell’attuale manovra finanziaria. Se infatti nel 2008 i fondi del ministero ammontavano complessivamente a 21.132 milioni di euro, quest’anno sono stati di 20.364, con una prospettiva di crescita fino a 21.366 milioni nel 2013. Pur considerando che i due terzi di questi bilanci riguardano il costo del personale, e quindi costituiscono una spesa obbligatoria, il Wwf sottolinea che la quota prevista in conto capitale è assolutamente ingente.
C’è senz’altro un’ispirazione “sviluppista” alla base di una scelta che, da una parte, punta a promuovere nel segno della cementificazione le infrastrutture con un forte impatto ambientale e, dall’altra, a deprimere la tutela del suolo, del territorio e quindi del paesaggio. Sui 13,5 miliardi di euro indicati come valore complessivo della manovra triennale, 4.836 miliardi (pari al 36%) vengono assegnati a opere come l’Alta velocità e le autostrade; mentre solo 400 milioni sono attribuiti agli interventi di tutela e di prevenzione (meno del 3%). E si tratta di un’impostazione che, come dimostra anche l’ultima emergenza provocata dal maltempo, è destinata purtroppo a incidere ulteriormente sull’assetto idro-geologico del Malpaese.
L’Italia, insomma, continua ad armarsi per guerre straniere, lontane e remote. Ma resta disarmata per combattere le calamità naturali, le alluvioni, le frane e tutti i disastri che minacciano direttamente il territorio nazionale. Risulta inconcepibile perciò che i fondi concessi al ministero dell’Ambiente per il prossimo triennio equivalgano, secondo i calcoli del Wwf, al costo di quattro cacciabombardieri F35 o di una Fregata Multimissione.
È vero che spesso l’ambientalismo fa di tutto per apparire come un freno allo sviluppo, un fattore di conservazione o addirittura di regressione. Qui rischiamo, però, di passare da un estremo all’altro: da un eccesso di tutela a un eccesso di incuria. Ma il progresso di un Paese come il nostro, con il suo patrimonio di risorse naturali, artistiche e culturali, non può passare attraverso un assalto autorizzato al territorio, una manovra governativa di abbandono e di degrado.
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