Comuni troppo litigiosi, amministrazioni che guardano solo al proprio orticello. La programmazione urbanistica unica degli otto comuni dell’isola d’Elba, richiesta a più riprese dalla regione, resta al palo. Così come non ha preso forma un modello di sviluppo condiviso. Siamo nel 2005. Sette degli otto comuni elbani firmarono un accordo con provincia e regione che prevedeva l’impegno, entro il 2007, a varare un unico piano urbanistico. Solo Porto Azzurro si astenne, ma condivise gli aspetti generali. Era il periodo «fare da sé, ma non da soli», lo slogan usato dall’ex assessore regionale Riccardo Conti per favorire la gestione urbanistica associata dell’isola. Ma l’idea di sviluppo unitario, come tanti altri esempi di concertazione sull’isola, è andata in fumo, frenata dal campanilismo diffuso e dalla litigiosità tra le amministrazioni. «Quel tavolo si è trasformato in un tavolino, poi in una seggiola – scherza il presidente di Legambiente Arcipelago, Umberto Mazzantini – ciascun comune ha finito per approvare i propri strumenti urbanistici». È stata la politica, inutile dirlo, ad affievolire l’idea di un’urbanistica associativa. Dall’accordo siglato in regione si sfilarono prima tre comuni. Le altre 5 amministrazioni, coordinate da Portoferraio, sono andate avanti, abbozzando piani concertati. Poi si è fermata anche Capoliveri e, con le elezioni amministrative (la maggioranza dei comuni è guidata da liste civiche), l’azione ha perso efficacia. E oggi, a parte alcune buone intenzioni, mancano progetti comuni per lo sviluppo urbanistico dell’isola. «Ci sono discorsi avviati – commenta l’assessore provinciale alla programmazione territoriale Piero Nocchi – ma non c’è una progettualità definita. Purtroppo non si capisce quanto superare l’isolamento tra i diversi comuni qualificherebbe l’isola». La frammentarietà è, infatti, il vero nervo scoperto elbano. Otto comuni per poco più di 30mila abitanti sono eccessivi. Ed esempi di politiche sovracomunali fallite si sprecano sul territorio elbano. L’ultima in ordine cronologico è la disfatta dell’Unione dei comuni, recentemente commissariata. «L’Unione è andata a picco prima per motivi politici, rappresenta solo 5 delle 8 amministrazioni. Poi c’è stato il problema finanziario – racconta Catalina Schezzini, assessore provinciale ai rapporti con le isole ed ex sindaco di Rio Elba – il problema è che i sindaci non riescono a fare squadra». Un esempio di cooperazione tra comuni? Il sindaco di Portoferraio, Roberto Peria, salva l’accordo sulla portualità firmato nel settembre 2008, dagli otto comuni, provincia, regione e autorità portuale. Accordo che, peraltro, ha avviato l’iter per l’approvazione della variante urbanistica di Portoferraio che ridisegnerà il fronte mare della città. «L’intesa sulla portualità ha definito un sistema di infrastrutture importante – sostiene Peria – ciascun comune ha elaborato i suoi atti, ma in una logica condivisa». Un esempio più unico che raro, però, sul territorio elbano. «La tendenza a farsi del male da soli c’è – aggiunge il sindaco Peria – e i casi negativi sono tanti. Guardiamo la gestione dei rifiuti, ad esempio». Più che la litigiosità, per il sindaco di Capoliveri, Ruggero Barbetti, il difetto dei sindaci consiste nell’arroccarsi troppo sul proprio territorio. «L’esperienza della Val di Cornia, in cui i comuni fanno fronte unitario anche sulle scelte urbanistiche è lontana da noi – spiega -. Sono in politica da anni, e non mi ricordo all’Elba un esempio di collaborazione. Eppure servirebbe una visione d’insieme per promuovere un unico marchio elbano». La sensazione diffusa è che le potenzialità dell’isola, economiche e turistiche, siano frustrate dalla frammentarietà amministrativa. Anche per questo le associazioni di categoria si sono mosse per sostenere il referendum per il comune unico dell’isola d’Elba. «Un passo obbligato per rendere competitivo il territorio elbano», spiega il presidente elbano di Confcommercio, Franca Rosso. Occhio però a ripetere gli errori. Tre comuni hanno finora aderito, ne mancano all’appello altri cinque.
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