Un ex convento del XIV secolo, ubicato nel borgo medievale di San Gimignano e dotato di una mirabile vista sulla Val d’El sa. È l’identikit del primo bene che passerà di mano con il federalismo demaniale. La cessione avverrà materialmente domani quando, nella cittadina ribattezzata la “Manhattan del Medioevo” per le sue 13 torri visibili dall’intero circondario, l’agenzia del Demanio siglerà con regione Toscana, provincia di Siena e comune l’atto di trasferimento della«proprietà indivisa» del complesso di S. Domenico. Dando così seguito all’accordo di valorizzazione sottoscritto dagli stessi soggetti il 4 agosto scorso. Si tratta di un evento a suo modo storico visto che è la prima attribuzione che va in porto da quando la legge 42 del 2009 e il decreto legislativo 85 del 2010 hanno avviato il processo di decentramento del patrimonio immobiliare italiano. Con la premessa però che a essersi messa in moto è solo una costola del federalismo demaniale, quella disciplinata dall’articolo 5, comma 5, del decreto 85 per il patrimonio storico, artistico e paesaggi stico. Che permette alle direzioni regionali dei beni culturali limitatamente agli edifici che il dicastero di via del Collegio Romano ha deciso di non trattenere di attivare la procedura di trasferimento e vagliare le richieste provenienti dagli enti locali. A partire sarà dunque San Gimignano. Con un piano di riconversione per l’ex convento e l’ex carcere di S. Domenico, che sarà gestito in sinergia da regione, provincia e comune. In base all’intesa, le tre amministrazioni dovranno provvedere al restauro, al riuso e alla valorizzazione dei due cespiti che occupano una superficie netta edificata di 4700 metri quadri più 13mila di aree esterne. Il programma di recupero è pronto. I lavori dureranno complessivamente 12 anni e comporteranno un esborso di 17,2 milioni di euro. La cittadina toscana è in lista per l’attribuzione di un altro bene, la Chiesa di San Lorenzo in Ponte, citata nell’accordo di valorizzazione di agosto ma per la quale mancano ancora alcuni step. Più in generale, secondo il Demanio, risultano finora aver attivato il canale previsto dall’articolo 5, comma 5, 211 enti locali sparsi in 15 regioni. Ne sono nati altrettanti tavoli territoriali per la cessione di 466 beni. L’elenco è estremamente variegato: si va dalle Mura di Verona al Carcere di Procida, dalla Torre dei Venti di Bergamo all’Arsenale di Venezia fino agli otto immobili nel centro storico di Gaeta (Latina). Passando alla classifica delle amministrazioni più attive primeggia il comune di Piacenza che ha avanzato richieste per 23 immobili. Subito dietro si trova no Genova con 22 istanze e Campo nell’Elba (Livorno) con 21, quindi Venezia con 17. A un tale attivismo sul fronte del patrimonio storicoartistico, testimoniata anche dai 20 pro grammi di valorizzazione sin qui siglati, fa da contraltare la semiparalisi in cui versa il canale core del federalismo demaniale. A un anno e mezzo dal varo del decreto attuativo non risulta ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la «white list» con i beni a cui le Pa centrali hanno rinunciato e che potranno ora essere conferite alle amministrazioni locali. Senza contare che non è stato ancora emanato il provvedimento che deve stabili re quanto valgono i cespiti trasferibili, per poi decurtare nel bilancio degli enti assegnatari una quota equivalente di trasferimenti erariali. Messi a posto questi tasselli potrebbero arrivare i decreti del presidente del Consiglio (Dpcm) necessari ad alienare tanto le categorie di beni già disciplinati dal Dlgs 85 (ad esempio il demanio marittimo alle regioni o le miniere e i laghi chiusi alle province) quanto i singoli immobili oggetto di decentramento. Due procedimenti che potrebbero subire un’accelerazione una volta stabilito quale viceministro o sottosegretario avrà la delega al federalismo nel suo complesso.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento