Nessun aumento o aggiornamento è possibile per il contributo di costruzione, che deve essere calcolato con le tariffe vigenti al momento del rilascio del titolo abilitativo. La giurisprudenza non ha dubbi: anche con le ultime pronunce qualsiasi “conguaglio” degli oneri di urbanizzazione è da considerarsi illegittimo (Consiglio di Stato, sezione IV sentenza 1211/2015 e 1504/2015)
Ormai da tempo, infatti, il contributo di urbanizzazione viene qualificato come corrispettivo di diritto pubblico, il cui fondamento è individuato nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla loro presenza. Fatto costitutivo dell’obbligazione di pagamento è il rilascio di un titolo abilitativo che determini un aumento del carico urbanistico (cioè una variazione degli standard urbanistici) ed è a tale momento che occorre avere riguardo per la determinazione dell’entità del contributo.
Dunque l’amministrazione deve provvedere alla liquidazione delle somme dovute a titolo di contributo facendo esclusivo riferimento ai parametri normativi prefissati dalle norme di legge e regolamentari, dovendosi rispettare l’articolo 23 della Costituzione in base al quale nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge (Tar Puglia- Bari, sezione III, 243/2011; Consiglio di Stato, sezione V, 2258/2006).
Sono stati quindi costantemente ritenuti illegittimi quei provvedimenti con cui i Comuni hanno intimato a titolari di permessi di costruire il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle già versate in occasione del rilascio dell’atto di assenso edificatorio, motivando la richiesta con riferimento al fatto che si trattasse di somme dovute a causa di un “aggiornamento del contributo di costruzione”, rideterminato con atti deliberativi assunti dopo il rilascio del titolo abilitativo (oltre alle due sentenze citate anche Consiglio di Stato, sezione IV, 3009/2014 ). In base allo stesso presupposto, sono stati invece ritenuti legittimi gli atti di riliquidazione quando vi sia rilascio di nuovo titolo edilizio, a seguito della scadenza dell’efficacia temporale di quello precedente o per il completamento con mutamento di destinazione d’uso delle opere assentite in origine (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 4320/2012).
Parametri rigidi
La determinazione del contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione ha natura paritetica, trattandosi di un mero accertamento dell’obbligazione contributiva, effettuato dalla Pa in base a rigidi parametri prefissati dalla legge e dai regolamenti in tema di criteri impositivi, nei cui riguardi essa è sfornita di potestà autoritativa. Pertanto, la richiesta degli importi costituisce una manifestazione definitiva che, dopo l’adempimento del privato che estingue l’obbligazione, esclude il diritto al conguaglio del Comune, salvo errori macroscopici riconoscibili dal privato (Consiglio di giustizia amministrativa siciliana, sentenza 462/2008).
Un’altra rilevante conseguenza della natura paritetica dell’atto è che le relative controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Consiglio di Stato, sezione IV, 4247/2011) e non sono soggette alle regole delle impugnazioni e dei termini di decadenza propri degli atti amministrativi (Consiglio di Stato, sezione IV, 1565/2011). Il giudizio è quindi azionabile nel termine di prescrizione, salvo che si intenda contestare l’applicazione del contributo per vizi derivanti da atti autoritativi generali, presupposti di quello impugnato, in relazione ai quali la posizione dell’interessato è qualificabile come interesse legittimo; in tal caso il motivo dedotto sarà l’illegittimità dell’assoggettamento, anche nel quantum, all’onere di urbanizzazione di una concessione edilizia e il ricorso andrà quindi proposto entro il termine di decadenza (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 3122/2012).
Lavori in corso
Poiché l’obbligazione contributiva è correlata all’aumento del carico urbanistico derivante dall’esecuzione dell’intervento, il contributo è dovuto non solo per le nuove costruzioni, ma anche nel caso di ristrutturazione, anche se la stessa non riguarda l’intero edificio, ma solo una sua porzione, essendo sufficiente che ne risulti comunque mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica (Consiglio di Stato, sezione V, 4326/2013). L’obbligo è stato invece escluso quando l’edificio, pur modificando la sagoma ed i prospetti preesistenti, abbia conservato la stessa volumetria e destinazione (Tar Piemonte, sezione I, sentenza 1346/2013).
Il mutamento di destinazione d’uso è rilevante solo quando avvenga tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici(Tar Emilia Romagna – Bologna, sezione I, 601/2013).
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento