FAQ sul diritto dei consiglieri di accedere ai sistemi informatici dell’Ente

Domande e risposte a cura del nostro esperto Amedeo Scarsella

8 Novembre 2022
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Si pubblicano di seguito le risposte alle domande più frequenti nell’ambito del diritto dei consiglieri di accedere ai sistemi informatici dell’Ente locale. Si intende fornire in questo modo un piccolo “prontuario” di agevole consultazione dove trovare risposte ai dubbi più frequenti.

Il diritto di accesso dei consiglieri comunali è regolato in modo differente rispetto ad altre forme di accesso?

SI. Ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”. Il diritto di accesso dei consiglieri è di portata molto più ampia di quello garantito ai cittadini dalle diverse normative che si occupano di accesso agli atti. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale i consiglieri comunali vantano un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni.

 

L’accesso dei consiglieri può rivolgersi soltanto nei confronti degli atti dell’amministrazione?

NO. L’accesso dei consiglieri comunali può rivolgersi non soltanto nei confronti di atti, ma anche di informazioni in possesso dell’amministrazione. Da ciò deriva che il diritto all’informazione del consigliere può consistere, fermi restando i limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, nella pretesa che gli uffici interpellati eseguano delle elaborazioni dei dati e delle informazioni in loro possesso.

 

Il diritto all’informazione del consigliere comunale, nella sua ampiezza, secondo la giurisprudenza tradizionale incontra comunque limiti particolari?

SI. Il consigliere non può abusare del diritto all’informazione per scopi emulativi o aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro limiti di proporzionalità e di ragionevolezza, la corretta funzionalità dell’ente; il limite del diritto di accesso del consigliere è stato individuato “proprio nell’ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’amministrazione. L’accesso, in altri termini, deve avvenire in modo da comportare il minore aggravio possibile per gli uffici comunali, e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche o meramente emulative.

 

Esistono altri limiti che la giurisprudenza più recente ha individuato nel diritto di accesso del consigliere comunale?

SI. Di recente la giurisprudenza il diritto di accesso del consigliere comunale non costituisce un diritto “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona. Il diritto di accesso del consigliere comunale non ha un’illimitata espansione ma di fronte ad altri diritti della persona è necessario effettuare “un ragionevole bilanciamento” di tutti i diritti coinvolti. Alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali di pari rango non si sottrae l’accesso del consigliere comunale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2089/2021).

 

L’obbligo di segreto cui il consigliere comunale è tenuto consente di ritenere il suo diritto di accedere agli atti e alle informazioni, in possesso dell’Ente, con assoluta certezza comunque prevalente rispetto ad eventuali diritti di rango primario coinvolti dall’esercizio del diritto di accesso (ad esempio riservatezza)?

NO. Sul punto però la giurisprudenza non ha ancora assunto una posizione univoca. La costante interpretazione in ordine ai limiti del diritto di accesso del consigliere comunale, seguita per anni, riteneva che il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento delle funzioni non incontrasse alcuna limitazione derivante dalla eventuale natura riservata dei dati, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio. La giurisprudenza più recente, dopo aver delineato il diritto di accesso come un diritto non “tiranno” e richiedendo di volta in volta una valutazione al fine di bilanciare eventuali diritti di natura primaria coinvolti dall’accesso, ritiene che il segreto non tuteli la riservatezza delle persone, “la quale verrebbe comunque lesa se l’accesso venisse consentito. A conferma di ciò va evidenziato che la strumentalità del diritto previsto dall’art. 43, comma 2, del TUEL alla carica consiliare comporta, per la pubblicità delle sedute dell’organo consiliare, nella quale le prerogative di indirizzo e controllo sull’operato degli uffici comunali sono destinate ad essere esercitate, una potenziale conoscibilità erga omnes dei dati e delle informazioni riservate, con inerente aggravamento della lesione della riservatezza delle persone che solo il diniego di accesso può salvaguardare” (così, Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2089/2021).

 

Cosa si intende per diritto del consigliere di accedere direttamente ai sistemi informatici dell’Ente?

L’attribuzione di password di accesso ai sistemi informatici dell’ente consiste nella disponibilità, da parte del consigliere comunale, di accedere alla documentazione digitale o digitalizzata di tutta l’attività amministrativa dell’ente territoriale: tale da metterlo in condizione di avere immediato ingresso, a discrezione e senza una ragione particolare, a qualsivoglia – anche se allo stato indeterminato e indeterminabile – passato, presente o futuro atto o documento amministrativo contemplato dal sistema in discorso; il consigliere può in tal modo acquisire incondizionatamente, anche per fini meramente esplorativi, un patrimonio conoscitivo che potenzialmente è pari alla latitudine dell’intera amministrazione di riferimento (inclusi, evidentemente, i rapporti con terzi, pubblici o privati che siano), dunque eguale al più diretto degli uffici dell’esecutivo comunale ed indipendentemente da ogni relazione effettiva con i ricordati poteri di sindacato propri, nella forma di governo municipale, del consigliere comunale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 769/2022).

 

Le incertezze sulla corretta interpretazione dell’obbligo del segreto producono effetti anche in ordine al diritto di accedere ai sistemi informatici dell’Ente?

Secondo il filone interpretativo tradizionale il diritto del consigliere comunale è illimitato e l’obbligo del segreto cui lo stesso è tenuto costituisce “argine” idoneo a garantire il rispetto dei diritti fondamentali eventualmente coinvolti dall’esercizio del diritto. Secondo parte della giurisprudenza più recente il segreto non costituisce garanzia del rispetto dei diritti fondamentali della persona eventualmente coinvolti nell’esercizio del diritto di accesso. Da ciò ne deriva che secondo l’interpretazione tradizionale non sussistono problemi particolari nel caso che il consigliere acceda direttamente ai dati contenuti nei sistemi informatici dell’ente; secondo l’interpretazione più recente, non essendo l’obbligo di segreto da solo sufficiente a garantire i diritti dei terzi, ogni richiesta di accesso sarebbe preventivamente oggetto di valutazione al fine di procedere al cd “bilanciamento” dei diritti fondamentali. L’accesso diretto al sistema informatico esclude in radice che sia effettuata qualsiasi valutazione in ordine alla prevalenze del diritto di accesso del consigliere, che viene ritenuto ex ante prevalente rispetto a tutti gli altri: un “diritto tiranno”, quindi, per usare l’espressione del giudice amministrativo.

 

È opportuno rivalutare eventuali autorizzazioni in precedenza concesse ai consiglieri o, comunque, valutare con estrema prudenza nuove richieste di accesso diretto al sistema informatico dell’Ente?

SI. Per quanto la giurisprudenza non dia ancora coordinate univoche, così come il Ministero dell’Interno, appare comunque opportuno effettuare ogni valutazione sulla base delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza più recente. Ciò non vuol dire che l’accesso del consigliere comunale debba necessariamente essere recessivo rispetto ad altri diritti di rilevanza primaria, ma che lo stesso deve esercitarsi con forme e modalità tali da raggiungere un doppio scopo: da una parte garantire al consigliere comunale di esercitare le proprie prerogative e dall’altra evitare pregiudizi di diritti fondamentali non strettamente necessari all’esercizio del munus pubblico del consigliere. Ciò che invece pare a chi scrive insopprimibile è la necessità che la valutazione diretta a ricercare un corretto bilanciamento sia effettuata. Il nuovo indirizzo giurisprudenziale, che richiede di effettuare un bilanciamento dei vari diritti coinvolti, impone pertanto una rivisitazione dell’interpretazione che consentiva al consigliere di accedere al sistema informatico dell’ente: le esigenze di riservatezza dei dati di soggetti terzi che nulla hanno a che vedere con le esigenze connesse all’espletamento del mandato dei consiglieri comunali impongono una rivisitazione di tale forma di accesso.

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