Il Presidente del consiglio comunale può essere revocato anche se lo statuto non prevede nulla in merito

L’assenza di apposita previsione statutaria non può tradursi in una inamovibilità assoluta

19 Giugno 2017
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di ENZO CUZZOLA

Anche se lo statuto comunale nulla dovesse prevedere in merito, è comunque possibile la revoca del Presidente del Consiglio comunale: è stato recentemente ribadito dal TAR Campania, sez. I Napoli, nella sent. 20 aprile 2017 n. 2174. Ed infatti, l’assenza di apposita previsione statutaria non può tradursi in una sorta inamovibilità assoluta o quasi assoluta del Presidente del Consiglio comunale (cfr. TAR Veneto, Venezia, sez. I, n. 334/2010), pur in presenza di condotte palesemente arbitrarie, contrarie ai relativi doveri istituzionali, rispetto alle quali l’organo assembleare si troverebbe sprovvisto del più efficace e incisivo rimedio, costituito dalla rimozione dalla carica in parola e volto, in ultima analisi, a scongiurare la propria paralisi funzionale.

Senza dimenticare ovviamente che, secondo la teoria generale del contrarius actus, se all’organo assembleare spetta per legge (art. 39, comma 1, del Testo Unico Enti Locali – d. lgs. 267/2000) la designazione del proprio Presidente, al medesimo non può non spettare, specularmente, la rimozione di quest’ultimo (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 710/2010).
È evidente che la revoca del Presidente è sicuramente una fattispecie peculiare che poggia la sua operatività su valutazioni anche politiche e su una serie di regole ormai elaborate dalla giurisprudenza: il venir meno della neutralità e della correttezza della funzione; una maggioranza di consiglieri comunali che, ritenendo, appunto, venuta meno la correttezza della funzione di garanzia senza distinzione tra maggioranza e opposizione, si esprima in senso favorevole alla revoca; una motivazione adeguata che renda conto di siffatti presupposti; si pensi, ad esempio, al Presidente del Consiglio comunale che:
a) pubblicamente esterna giudizi di incapacità nei confronti della Giunta;
b) minaccia i consiglieri di querela nel caso di disaccordo con le proprie decisioni;
c) consente ad un consigliere di opposizione di relazionare su un argomento non all’ordine del giorno;
d) utilizza espressioni poco consoni alla funzione nei riguardi dei consiglieri;
e) nega il diritto di parola e replica ai consiglieri;
f) non rispetta la par condicio fra i gruppi consiliari.

In conclusione, la revoca della carica di Presidente del Consiglio comunale è legittima, quando si fonda sulla principale considerazione che il Presidente abbia assunto atteggiamenti incompatibili con il proprio ruolo istituzionale super partes e denotanti l’effettiva violazione di regole comportamentali connaturate alla carica di garante della corretta dinamica politico-amministrativa all’interno dell’organo consiliare (cfr. TAR Veneto, sez. I, n. 334/2010).

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