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Riforma Madia: riordino partecipate
Entro il 30 giugno gli enti pubblici dovranno presentare dei piani in cui mettere nero su bianco le partecipazioni da eliminare perché fuori dai nuovi target (fatturato sotto 1 milione di euro, più amministratori che dipendenti). Rispetto al testo originario, entrato in vigore a settembre, c’è una proroga di tre mesi, per venire incontro alle richieste delle Regioni. Affiora anche un ammorbidimento della regola sull’amministratore unico: non sarà un decreto a stabilire quando derogare e fare un Cda, ma basterà una delibera, seppure motivata, dell’assemblea. Viene inoltre concesso più tempo anche per adeguare gli statuti alle novità, fino al 31 luglio. Permane lo scoglio della soglia del milione di euro di fatturato per il mantenimento in vita delle società, soglia che gli Enti locali vorrebbero abbassare a 500mila euro.
Furbetti del cartellino e licenziamenti
Viene affidata ai contratti la formula per colpire chi salta il lavoro ammalandosi, con sospetta puntualità, di lunedì o venerdì. Nel mirino anche i casi di assenze collettive in periodi sensibili. Inoltre per frenare il fenomeno saranno messi tetti a fondi per premi laddove risultino tassi di assenteismo sopra la media. La competenza sugli accertamenti transita dalle ASL ai medici dell’INPS, con la creazione di un polo unico per pubblico e privato. Grazie a un sistema informatico avanzato le visite saranno mirate.
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Diventano più nitidi i casi di licenziamento, da quelli per scarso rendimento, fino alla cronica condotta illecita, qualora ci sia profilo penale. I tempi per arrivare a decidere sulla sanzione si riducono ora da quattro a tre mesi e a 1 solo mese per tutti i casi di flagranza, viene quindi estesa la procedura sprint applicata ai furbetti del cartellino (con sospensione entro 48 ore e rischio licenziamento anche per il dirigente che non controlla). Permane inoltre in vita per gli statali l’articolo 18, con reintegra e risarcimento nei casi di ingiusta espulsione.
Il decreto sui rapporti di lavoro nella Pubblica Amministrazione viene approvato con due sole modifiche rispetto al testo che mercoledì era stato presentato ai sindacati: c’è un termine più lungo, di 20 giorni anziché 15, per l’amministrazione che intenda chiedere in giudizio il risarcimento per danno d’immagine al dipendente sanzionato, e viene introdotto l’obbligo di comunicazione entro 20 giorni dei provvedimenti disciplinari all’Ispettorato per la funzione pubblica. Questa norma ha l’obiettivo di «consentire il monitoraggio sull’attuazione della riforma, anche per adottare ogni possibile strumento che ne garantisca la piena efficacia». Mentre il termine più lungo per esercitare l’azione legale per danno d’immagine intende «garantire maggiore certezza e una più netta separazione » con il procedimento disciplinare a carico del dipendente.
Le nuove norme, che non entrano in vigore immediatamente visto che il decreto dovrà essere trasmesso alle Regioni e alle commissioni parlamentari competenti, nel primo caso per raggiungere un’intesa e nel secondo per un parere non vincolante, dovrebbero facilitare i licenziamenti dei dipendenti scorretti, che finora sono stati rari: infatti nel 2015 su 8.259 procedimenti aperti, solo 280 si sono conclusi con l’espulsione.
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