Riordino partecipate: più tempo per gli Enti locali per individuare le società da sopprimere

Correttivi al decreto attuativo in arrivo in settimana (nel prossimo Cdm)

13 Febbraio 2017
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Un maggiore lasso di tempo per gli Enti locali allo scopo di individuare le società partecipate da tagliare. È questo il compromesso raggiunto tra Governo e Regioni in merito al “decreto partecipate” attuativo di uno stralcio importante della Riforma della Pubblica Amministrazione, bloccato da alcuni mesi dopo la sentenza della Corte Costituzionale (251/2016). I giudici hanno infatti imposto al Governo l’obbligo di trovare un’intesa con gli Enti locali, mentre l’esecutivo si era limitato a richiedere un parere.

Riordino partecipate: in arrivo il decreto correttivo

La versione definitiva del decreto verrà presentata al prossimo Consiglio dei ministri (previsto per questa settimana) e allungherà di tre mesi (dal 23 marzo al 23 giugno) il termine per stilare l’elenco delle partecipate pubbliche da sopprimere. La proroga riguarda naturalmente tutte le scadenze che erano state inizialmente fissate per il 23 marzo, a cominciare dalla compilazione della lista degli eventuali esuberi conseguenti alla chiusura delle società

Le disposizioni che cambiano

Secondo le ultime indiscrezioni sembrerebbe invece destinato a rimanere invariato il tetto di un milione per il fatturato medio nell’arco dell’ultimo triennio delle aziende: prima in Parlamento, e poi negli incontri con la Conferenza delle Regioni, era stato chiesto di scendere a 500mila euro. Una modifica, quest’ultima che consentirebbe a molte società di “salvarsi”, ma che vanificherebbe probabilmente l’obiettivo cardine del decreto: transitare dall’attuale “mare magnum” di 8mila partecipate a mille (eliminare le scatole vuote, le società inattive, le micro e quelle che non producono servizi indispensabili). Tuttavia su questo punto non vi sono ancora certezze.
La procedura per l’entrata in vigore del decreto non si concluderà questa settimana: il nuovo testo dovrà infatti riacquisire i pareri, compresi quelli parlamentari, e poi tornare in Cdm per il via libera definitivo.

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