In quella sede è stata illustrata la diversa disciplina dettata per i Comuni con popolazione inferiore ai 3mila abitanti che non impone percentuali di rappresentanza tra i due sessi e quella che regola i Comuni con popolazione superiore ai 3mila abitanti. Per tale ultima fattispecie l’art. 1, comma 137, della legge 56/2014 ha previsto che “nelle giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”. Nei Comuni con popolazione inferiore ai 3mila abitanti, invece, pur non essendo prevista una percentuale predeterminata, occorre comunque garantire la presenza di assessori apparenti ad entrambi i sessi, nel rispetto di quanto previsto negli artt. 6 comma 3 e 46 comma 2 del d.lgs. 267/2000.
Se la disciplina riguardante i Comuni deve ormai ritenersi chiara, anche sulla base delle decisioni giurisprudenziali consolidate, qualche dubbio applicativo riguarda gli enti di secondo livello (Unioni di comuni, Comunità Montane dove ancora esistenti, Città Metropolitane). A tali dubbi ha risposto il Consiglio di Stato con sentenza n. 180 del 18 gennaio 2017, nella quale si è occupato della composizione di una giunta provinciale, riformando la sentenza di primo grado del TAR Calabria (n. 70 del 26 gennaio 2016).
Il quesito a cui ha dato risposta il Consiglio di Stato è il seguente: la disciplina contenuta nella legge 56/2014 è espressione di un principio generale applicabile a tutte le ipotesi di costituzione di una Giunta, ovvero è applicabile nei limiti espressamente previsti dalla norma, senza alcuna possibilità di estensione analogica?
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