“Ultimamente ho letto il libro Perché le nazioni falliscono, di Daron Acemoglu e James Alan Robinson. Il titolo della traduzione italiana non mi è piaciuto, ma il libro sì. Vi si sostiene che il discrimine fra lo sviluppo e il sottosviluppo, la povertà e la ricchezza economica e civile dei Paesi non è, in fondo, la disponibilità delle risorse naturali, la forza militare e politica o le altre tradizionali prerogative che abbiamo imparato a conoscere: è fra il buon governo e il cattivo governo. Nelle differenti epoche storiche e in contesti molto dissimili, il buon governo è stato l’elemento che ha consentito la migliore e più duratura crescita economica, la penetrazione della ricchezza fin nei più profondi strati della popolazione, ma anche la coesione sociale, aumentando di conseguenza non solo le possibilità economiche e – forse ben più importante – il nostro senso civico. Il buon governo è quindi un fine in sé, fondamentale per aumentare la fiducia dei cittadini e aumentare la ricchezza prodotta.
La lotta alla corruzione è uno dei mezzi del buon governo. Il malaffare infatti non solo comporta la distrazione di ingenti somme erariali che potrebbero essere usate per altri fini. Comporta, cosa peggiore, la distruzione del tessuto sociale attraverso “il premio” a chi viola le regole invece di rispettarle. Effettuare scelte di buon governo quindi significa anche, semplicemente, lottare contro la corruzione.
Il nostro non è un Paese immune da questi fenomeni, come la storia passata ed episodi recenti confermano. Soprattutto in Italia fatica ad affermarsi una cultura di contrasto alla corruzione, cioè una vera riprovazione sociale. Al tempo stesso essa è un reato difficile da discernere, perché rimane nell’ombra. In questo senso la collaborazione della collettività è necessaria, così come lo è una mentalità che sia di osservanza delle regole e di orgoglio nel rispettarle. Ecco perché negli ultimi anni Parlamento e Governo hanno predisposto diversi mezzi, legislativi ed amministrativi, di lotta alla corruzione. Ed ecco anche perché, unitamente al momento repressivo, che rimane centrale, sono stati previsti mezzi di prevenzione: una novità nel sistema italiano, rimasto per molto tempo ancorato a una concezione meramente repressiva del fenomeno. Tali strumenti sono infatti necessari per impedire, o quantomeno limitare, la diffusione dei fenomeni corruttivi e creare un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni”.
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