Riforma dirigenza pubblica: testo da riscrivere?

Secondo il Consiglio di Stato all’interno dello schema di decreto attuativo sarebbero necessarie modifiche rilevanti: una rassegna dei dubbi espressi

18 Ottobre 2016
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Sulla Gazzetta degli Enti Locali di ieri abbiamo pubblicato il rilevante parere del Consiglio di Stato (Commissione speciale 14 ottobre 2016, n. 2113) in merito allo schema di decreto attuativo della riforma della Pubblica Amministrazione in materia di dirigenza pubblica. Il Consiglio di Stato ha infatti trasmesso al Governo il parere sullo schema di decreto legislativo riguardante la dirigenza pubblica che prevede, in particolare, la creazione di ruoli unificati e coordinati statali, regionali e locali e l’eliminazione della distinzione in due fasce separate, per assicurare una maggiore mobilità verticale e orizzontale nel conferimento degli incarichi dirigenziali. 
I giudici di Palazzo Spada, infatti, nell’offrire un esaustivo excursus su come la dirigenza pubblica sia stata oggetto di numerose riforme nelle ultime decadi, in oltre 114 pagine non risparmiano osservazioni critiche alle previsioni del Governo, guardando alla concreta fattibilità della riforma.

Qui raccolti in un sintetico pdf i punti principali del parere del Consiglio di Stato sulla dirigenza pubblica.

Nel parere espresso dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato sono state poste in rilievo le condizioni indispensabili per il funzionamento effettivo della riforma. Partendo dalla questione finanziaria. Il Consiglio di Stato ha, infatti, espresso perplessità sulla circostanza che una riforma così rilevante sia stata approvata con invarianza di spesa.

Nel parere si esprimono perplessità anche in ordine alla composizione della Commissione per la dirigenza, a cui lo schema di decreto assegna delicate funzioni di garanzia che presiedono all’intero procedimento di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali. In particolare, da un lato si rileva come alcuni componenti non siano del tutto indipendenti dagli organi politici. Dall’altro, si evidenzia che la Commissione stessa, per come è costituita, non è grado di assicurare un impegno a tempo pieno dei suoi membri nell’espletamento delle delicate funzioni ad essi assegnate.

Alto delicato snodo è quello concernente la costituzionalità del testo di riassetto della dirigenza pubblica: il punto critico è rappresentato dal rapporto fra dirigenti pubblici e politica, e dall’esigenza di assicurare ai primi un’autonomia che ai giudici amministrativi sembra messa a rischio dall’impianto della riforma. In gioco ci sono, chiaramente, i principi di “imparzialità” e “buon andamento” dell’amministrazione (articolo 97 Costituzione). Per garantirli, affermano i giudici, il nuovo sistema del ruolo unico e degli incarichi a tempo deve essere modificato in più di un elemento strutturale.
Il Consiglio di Stato ha infine posto in rilievo come la riforma sia priva, per previsione della legge delega, di nuovi sistemi di valutazione della dirigenza – la cui mancanza rischia di compromettere la funzionalità dell’intero impianto, nonché dei principi per la fissazione degli obiettivi da parte dell’autorità politica.

Per il momento l’esecutivo non ha effettuato alcun passo ufficiale. Tuttavia il ministro per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia ha preso atto che il testo di riforma con le forme attuali rischia di creare grande confusione. Campo aperto a cospicue modifiche nelle prossime settimane? Una conclusione che pare, al momento, inevitabile.

>> Consulta la Pagina Speciale dedicata alla Riforma della Pubblica Amministrazione.

>> Qui disponibili i contributi di dottrina dei nostri autori in materia di riassetto della dirigenza pubblica.

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