Ai Comuni devono essere devoluti i tributi che oggi lo Stato amministra e che sono inerenti al comparto territoriale e immobiliare. In una fase successiva, infatti, tutti i prelievi fiscali potranno essere accorpati in un unico adempimento, così da semplificare le incombenze dei cittadini. Resta inteso che non ci sarà alcun prelievo sulla prima casa, che resta esente da ogni tributo. Cesseranno i trasferimenti statali agli enti locali in modo graduale, con la previsione di un fondo perequativo, il cui ammontare, però decrescerà ogni anno. È quanto ha messo nero su bianco il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, nella relazione sul federalismo che il Consiglio dei Ministri ha approvato mercoledì scorso e con la quale si posano le prime fondamenta di quello che, in un prossimo futuro, sarà il federalismo municipale (si veda ItaliaOggi di ieri). Secondo il titolare dell’Economia, nella logica politica del federalismo fiscale, l’obiettivo essenziale è quello di una «massima possibile coincidenza tra cosa amministrata e cosa tassata». Sul fronte delle amministrazioni comunali, l’obiettivo si può raggiungere attraverso l’avvio di due distinte fasi. La prima, che secondo Tremonti «può essere sviluppata certamente e subito», in cui si opera l’attribuzione ai comuni della titolarità dei tributi che oggi sono in mano allo Stato e che sono legati al comparto territoriale e immobiliare. In pratica, lo Stato si dovrà svestire di imposte quali quella di registro, ipotecaria e catastale, dell’irpef sugli immobili e lasciarne la gestione alle amministrazioni locali. Un «tesoretto» che, secondo le stime dei tecnici dell’Economia, oggi vale poco più di 15 milioni di euro. Così operando, scrive Tremonti, «si realizza direttamente il passaggio dalla finanza derivata a quella propria». La seconda fase, invece, è più complessa. Si tratta di accorpare in un unico titolo di prelievo, gli attuali tributi statali e municipali che «a vario titolo» insistono sul comparto immobiliare. Tale unificazione dovrà realizzarsi secondo strumenti che siano sempre di iniziativa dei singoli enti locali e che prevedano la «preliminare verifica del consenso popolare». In dettaglio, si legge nella relazione, oggi sul comparto immobiliare c’è una vastissima platea di tributi «diversi ed eterogenei» che ammontano «a non meno di 17». Questi, per delibera comunale, potrebbero aumentare a ventiquattro. Ecco che, in questi termini, si integrerebbe una forma unica di prelievo che semplifichi la vita ai cittadini, nella forma di «adempimento unico». Tuttavia, in questa direzione, dice Tremonti, deve sempre essere esclusa la prima casa che deve restare esente dal tributo, oltretutto prevedendo una cedolare secca sugli affitti, ma sulla cui entità nulla dice però la relazione. A scanso di equivoci, Tremonti mette nero su bianco che, rispetto alla situazione attuale, l’onere fiscale complessivo resterebbe invariato. Invece, il quadro appena delineato non potrà portare che benefici, in quanto si potrà verificare il «prevedibile fortissimo» recupero di evasione fiscale, con effetti a cascata, in termini di possibili sgravi fiscali e incrementi di servizi erogati a favore della comunità amministrata. È ovvio che così delineato il campo, i trasferimenti statali a favore degli enti locali «cesserebbero di conseguenza e in maniera graduata». Tuttavia, il passaggio non sarà repentino. Infatti, al fine di assicurare una sorta di gradualità alla rivoluzione del federalismo municipale, Tremonti prevede che al posto dei trasferimenti erariali soppressi si potrà istituire un «fondo perequativo», gestito dalla Conferenza stato-città, con il coinvolgimento delle regioni, che, ammette lo stesso titolare del dicastero di via XX Settembre, «è destinato a decrescere ogni anno». In tutto questo, non bisogna dimenticare che il recente decreto legge n.78/2010, la cui conversione in legge è prevista entro la fine del corrente mese, ha previsto per i Comuni due fonti di «finanziamento» di non poco conto. La prima è la partecipazione degli enti locali all’attività di accertamento e al contrasto dell’evasione fiscale (ma la legge impone la nascita dei consigli tributari sulla cui natura ancora oggi è buoi fitto). La seconda fonte «di reddito» è l’aggiornamento del catasto con l’istituzione dell’anagrafe immobiliare integrata.
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