L’obiettivo è di fare in modo che anche gli enti locali arrivino a predisporre gli standard entro fine anno, così come sono devono fare i ministeri e gli enti pubblici. «Ci stiamo muovendo in tal senso – spiega Antonio Martone, presidente di Civit, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – e ho già firmato un protocollo di intesa con l’Upi. C’è un canale aperto anche con l’Anci e con le regioni». Una volta definiti gli standard, la class action in ambito pubblico potrà dirsi operativa? Senz’altro. Anche se con la nostra prima delibera avevamo già affermato che laddove una legge preveda un termine o nel caso un’amministrazione si sia data la carta dei servizi, quei vincoli possono già essere oggetto di un’azione collettiva. Avete notizia di class action? No. So che qualche organizzazione si sta muovendo. Ma c’è ancora tempo, perché bisogna considerare i 90 giorni della diffida. Un sistema macchinoso, che non invoglia. In effetti, nella class action dei consumatori lo stimolo è più forte perché lo scopo è ottenere il risarcimento del danno. L’azione collettiva davanti ai Tar è, invece, una forma di partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, senza prospettiva di risarcimento. Però è comunque un pungolo per le amministrazioni, perché se non si rispettano gli standard, la responsabilità è del dirigente. Resta comunque un’arma spuntata. Non direi. Basti pensare c’è stata una forte pressione da parte del ministro dell’Economia per cercare di differire l’entrata in vigore del decreto legislativo 150. Significa, dunque, che la class action pubblica non è uno strumento inutile. In che senso? L’Economia è preoccupata perché anche se non è previsto un risarcimento, c’è comunque l’obbligo delle amministrazioni di adeguarsi agli standard. Ma le amministrazioni elaboreranno veramente gli standard o svolgeranno un distratto compitino? La riforma presuppone un cambio di mentalità e richiede tempo. Credo, però, si possano raggiungere risultati significativi, anche se il momento non è favorevole, perché il blocco quasi totale del turn over porterà alla riduzione degli organici. Il problema sullo sfondo è che tutto non può essere visto in termini economici, come fanno a via XX Settembre. Il dualismo tra Funzione pubblica ed Economia dipende anche da questo. Bisogna cercare una soluzione che contemperi le diverse esigenze. Tremonti non vi vede di buon occhio: voleva cancellare Civit. Per impadronirsi dell’amministrazione. È molto semplice: o il piano della performance e della trasparenza viene predisposto dietro sollecitazione di Civit oppure l’Economia, attraverso la Ragioneria, arriverà a controllare tutta l’amministrazione pubblica. Un braccio di ferro tra Tremonti e Brunetta? Mi rendo conto che esistono divergenze, ma non mi interessano. Io devo guardare alla legge e a cercare di fare tutto il possibile perché venga attuata, perché venga assicurata la trasparenza. Che non è il gossip su quanto guadagna Tizio, ma è far conoscere tutte le procedure dell’amministrazione (per esempio, gli appalti), in modo da realizzare una forma di controllo sociale e contrastare la corruzione.
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