I lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni non possono conseguire qualifiche superiori mediante inquadramenti automatici. L’avanzamento di carriera, infatti, è sempre subordinato al superamento di una procedura concorsuale. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 15056/2010 che ha respinto il ricorso di un sottufficiale della polizia municipale di un Comune. L’uomo ha convenuto in giudizio l’ente locale chiedendo che fosse accertato il suo diritto a essere inquadrato in una categoria superiore con conseguente relativo trattamento economico. A sostegno della sua istanza ha esposto che già da venti anni era stato inquadrato, in base a vari ordini di servizio, nella sesta qualifica con funzioni di addetto ad attività di vigilanza, controllo e coordinamento. Successivamente il nuovo contratto collettivo ha disposto una nuova classificazione del personale prevedendo che la sesta qualifica poteva essere ricoperta solo da coloro che avevano conseguito il livello a seguito di regolare procedura concorsuale. Per questo motivo l’ente locale lo aveva escluso da questa categoria dal momento che il sottufficiale aveva conseguito l’incarico solo attraverso formali atti deliberativi. Il tribunale ha accolto la domanda ma in appello la decisione è stata totalmente riformata con la motivazione che il ricorrente non vantava il requisito previsto dal contratto e cioè di essere stato collocato nella sesta qualifica a seguito di selezione. Inevitabile il ricorso in Cassazione dove il ricorrente ha sostenuto la perfetta sostituibilità del requisito dell’accesso alla sesta qualifica mediante procedure concorsuali con quello costituito dalla formale attribuzione della qualifica su base deliberativa. La conclusione non ha convinto i giudici di legittimità secondo i quali nel rapporto di lavoro pubblico privatizzato la materia degli inquadramenti del personale è affidata al sistema di contrattazione collettiva che può intervenire senza incontrare il limite dell’inderogabilità delle norme in materia di mansioni concernenti il lavoro subordinato privato. Ne consegue, precisa la Suprema corte, che non trova applicazione l’articolo 2103 del codice civile nella parte in cui attribuisce rilievo ai fini dell’inquadramento alle mansioni effettivamente svolte. La disciplina legale del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, infatti, «non consente inquadramenti automatici del personale, neppure in base al profilo professionale posseduto » per tanti anni, con la conseguenza che, nel caso di passaggio da un’area di inquadramento ad altra superiore, è sempre richiesta «una procedura concorsuale pubblica con garanzia di adeguato accesso dall’esterno».
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