La norma, comma 32 dell’articolo 16 del d.l. n. 78/2010, che impone il divieto di costituire società o, per quelle già costituite, di liquidare oppure cedere la partecipazione, secondo il parere dell’Anci deve essere letta congiuntamente alle disposizioni della legge n. 244/2007, tra l’altro richiamate in maniera puntuale. Di conseguenza, sono ancora ammesse le società costituite per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. Il comma 32 dispone che i comuni con popolazione inferiore a 30 mila abitanti non possono costituire società, fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 commi da 27 a 29 della legge finanziaria per il 2008. Entro il termine dell’anno in corso gli enti locali devono mettere in liquidazione le società o cederne le partecipazioni. I comuni con popolazione tra i 30 e i 50 mila abitanti possono detenere una sola società, così come sono ammesse le società costituite da più comuni. La creazione di enti e società, per lo svolgimento di compiti di rilevanza pubblica, è da ritenersi uno strumento utile per il perseguimento di una maggiore efficienza a vantaggio della collettività, ma la ratio del divieto è sia evitare forme di abuso che determinino la sottrazione dell’azione amministrativa ai principi della trasparenza e del controllo da parte dell’opinione pubblica e degli enti preposti, che tutelare la concorrenza e il mercato. È da evidenziare che la liquidazione di una società comporta tre principali problemi. In primis l’attribuzione in capo ai soci, nella fattispecie al comune, del patrimonio sociale. Poi la sorte del personale della società a partecipazione comunale che chiede il riassorbimento nella dotazione organica dell’ente, dal quale, spesso, proviene e infine il pagamento dei debiti residui, che dovranno essere accollati al socio-ente locale non sussistendo ricavi aziendali. L’Anci nella sua nota di lettura sulle norme di natura finanziaria di interesse dei comuni, contenute nel d.l. n. 78/2010, evidenzia la necessità che il comma 32 dell’articolo 16 sia letto in maniera combinata con le disposizioni sopra richiamate della finanziaria per il 2008 e pertanto si ritengono ancora ammesse le società costituite per il perseguimento delle finalità istituzionali. L’affermazione, nonostante la sua genericità, è da ritenersi condivisibile. Infatti l’articolo 3 commi da 27 a 29, prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di detenere partecipazioni in società ad eccezione di quelle che svolgono servizi di interesse generale nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza dell’ente e di quelle che svolgono servizi strettamente necessari per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. È da ritenersi, pertanto, che il nuovo divieto introdotto non si applica a nessuna delle due tipologie di società, considerato che anche quelle relative allo svolgimento di servizi di interesse generale assolvono alle finalità istituzionali del comune. A questo punto si impone, in ogni caso, una rigorosa interpretazione delle norme della legge finanziaria per il 2008 in quanto vi sono diverse società partecipate che non rientrano nella classificazione delle società ammissibili ed è inoltre necessario considerare che vi sono servizi di interesse generale che non sono, però, di competenza dell’ente.
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