ROMA «Negativa e insostenibile». Nell’altalena delle prese di posizione locali sulla manovra, ieri il giudizio più duro è arrivato dai sindaci, riuniti nel consiglio nazionale dell’associazione dei comuni. Anche dopo i «limitati» correttivi confluiti nel maxiemendamento, che rimandano a settembre l’accordo con il governo su come distribuire fra gli enti i 4 miliardi chiesti ai comuni, il provvedimento votato ieri al senato viene bocciato dai sindaci, che porteranno il loro «no» alla conferenza unificata. Niente spaccatura, insomma, fra governatori infuriati fino alla minaccia ritirata di restituire le deleghe e comuni più “morbidi”, dopo l’accordo siglato venerdì scorso con il governo grazie all’accelerazione pro-messa sull’attuazione del federalismo municipale. «Con le regioni – sostiene Sergio Chiamparino, sindaco di Torino e presidente dell’Anci – possiamo lavorare insieme, perché le posizioni sono simmetriche ». Dopo l’intesa con i sindaci, siglata dal governo mentre i governatori erano ancora sulla barricata della restituzione dei poteri, il fronte degli enti territoriali contro la manovra era sembrato in realtà biforcarsi fra falchi regionali (con l’eccezione dei leghisti Cota e Zaia) e colombe comunali. «Bisogna andare oltre l’accordo con Anci-governo – ha ribadito non più tardi di ieri il presidente di Legautonomie Mario Filippeschi – perché il problema vero rimangono i vincoli di spesa». Chiamparino respinge però ogni ricostruzione che attribuisca un cambio di rotta ai comuni: «In senato la manovra non è cambiata – spiega -, quindi non è cambiato nemmeno il nostro giudizio. L’accordo con il governo chiede l’accelerazione del federalismo municipale, e lo ribadiamo al punto che oggi chiediamo di attuarlo fin dal 2011». L’impresa non è semplice, ma i tavoli tecnici sono al lavoro (si veda l’articolo sotto). Dialettica a parte, l’esito del confronto dipende tutto dalle dimensioni effettive del varco aperto dai correttivi del senato, che assegna alla conferenza stato- città il compito di attribuire a ogni ente locale il proprio obiettivo di risparmio, con un occhio di riguardo per i comuni e le province che rispettano il patto di stabilità, hanno spese di personale più leggere e vantano una buona autonomia finanziaria. In quella sede potrebbe anche ritrovare spazio la proposta avanzata dall’Anci nella fase di preparazione della manovra: secondo i sindaci, il patto dovrebbe imporre ai comuni solo il pareggio di bilancio, offrendo più libertà a chi ha i conti in ordine e spalmando fra tutti gli enti la cifra che non si riesce a raggiungere per questa via. Sui meccanismi, però, pende la chance di spostare sul 2012 una fetta degli 1,5 miliardi che la manovra chiede ai sindaci per il prossimo anno: l’ipotesi è stata ventilata nei giorni scorsi, ma la sua praticabilità dipende anche dalle performance dei conti pubblici nei prossimi mesi. Tra le richieste dei comuni c’è poi l’aumento della quota sbloccata dei residui passivi, cioè le risorse che gli enti hanno in cassa per pagare imprese e fornitori ma che non possono spendere a causa del patto: la manovra varata in senato libera circa 300 milioni, contro gli 1,8 miliardi sbloccati l’anno scorso.
I comuni bocciano la manovra del governo
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